Tomboy (2011) è il secondo lungometraggio di Céline Sciamma, regista francese il cui ultimo film, Petite Maman, è uscito pochi mesi fa nei cinema italiani.
Céline Sciamma è autrice di un cinema di stampo profondamente femminista. Le sue opere hanno sempre al centro questioni di genere, con storie che spesso e volentieri offrono uno spaccato critico della società patriarcale contemporanea.
Tomboy: trama
Laure (Zoé Héran) è una bambina di dieci anni che vive a Parigi con la sua famiglia. Presto conosce gli altri bambini del quartiere, tra cui Lisa (Jeanne Disson), e inizia a farsi chiamare Michael: convince così i suoi nuovi amici di essere un maschio. L’unica a conoscere la verità è la sua sorellina Jeanne (Malonn Lévana), la quale decide di aiutarla.
Tomboy: analisi
Tomboy si apre mostrandoci un personaggio che identifichiamo automaticamente come un maschio. Il taglio di capelli e l’abbigliamento rimandano subito all’aspetto socialmente associato agli individui di sesso maschile; inoltre la prima volta che gli viene chiesto il nome, il personaggio risponde di chiamarsi Michael ed ecco che l’impressione iniziale viene confermata. Il confronto che in automatico viene operato con la sorellina, Jeanne, caratterizzata attraverso caratteristiche fisiche e comportamentali canonicamente attribuite al femminile, acuiscono l’idea degli spettatori.
Attraverso questo inizio la narrazione si inserisce immediatamente in una dimensione dominata dal binarismo tra maschile e femminile e dall’eteronormatività.
Poco dopo, però, il film sveglia gli spettatori dal loro torpore, rivelando i reali sesso e genere del personaggio in maniera speculare rispetto alle modalità con cui precedentemente si era costruita l’immagine di un ragazzo. Prima tramite l’interpellazione – la madre (Sophia Cattani) chiama il personaggio con il suo vero nome, Laure – poi tramite la rappresentazione visiva – il personaggio viene inquadrato appena uscito dalla vasca da bagno e ci viene così svelato che si tratta di una bambina.
In questo modo Céline Sciamma introduce da subito gli spettatori in un regime di ambiguità circa il sesso del personaggio protagonista. In realtà il film suggerisce già dal titolo il reale sesso di Laure/Michael: “tomboy” significa letteralmente “maschiaccio”, termine che si usa generalmente per indicare una ragazza che assume atteggiamenti tipicamente associati al genere maschile.
Ecco che quindi da subito Tomboy ci fa entrare nella vita di una bambina alle soglie della pubertà che finge davanti agli occhi dei suoi coetanei di essere un maschio. L’evento che sancisce questo atto, non premeditato da Laure/Michael, si dà nel momento in cui Lisa, bambina che abita nel suo stesso quartiere, si rivolge al personaggio protagonista con aggettivi declinati al maschile. È quindi la parola prima di ogni altra cosa a definire Laure/Michael in quanto maschio.
Il modo in cui Laure/Michael si veste e si presenta agli altri suggerisce che l’identificazione con il genere maschile è qualcosa che già apparteneva al personaggio, ma è proprio l’occasione servita da Lisa tramite le parole a permettere lo scarto di cui ha bisogno. Da quel momento in poi Laure sarà Michael.
Céline Sciamma racconta questa storia con la solita leggerezza che contraddistingue il suo cinema, con la sua capacità di mettersi alla stessa altezza dei suoi personaggi, esponenti dell’infanzia, per raccontare temi di grandissima rilevanza sociale e universale. E così le scene in cui Laure/Michael cerca di imparare a comportarsi come un maschio, si caricano di un sentimento di tenerezza e compassione, nonché di immedesimazione del pubblico con il personaggio. Quando a Laure/Michael viene proposto di andare a nuotare al lago con i suoi nuovi amici, negli spettatori prende immediatamente forma il timore e il rischio a cui si sottoporrebbe il personaggio accettando. E allo stesso modo il pubblico partecipa emotivamente al tentativo di Laure/Michael di risolvere il problema costruendo un pene di plastilina per allineare il proprio corpo a quello maschile.
Nella stessa maniera suscita tenerezza e complicità la solidarietà che la sorellina Jeanne dimostra a Laure/Michael nel momento in cui decide di tenere segreta la verità e addirittura di alimentare la sua bugia.
In Tomboy le tematiche di genere sono veicolate puramente da quella che è la rappresentazione dei personaggi: essere un maschiaccio significa seguire quei comportamenti che i ruoli di genere impongono agli individui di sesso maschile e infatti Laure/Michael, nel vestire i panni di un ragazzo cerca di assumere tutti quei comportamenti socialmente associati ai ragazzi.
Arriva quindi a fare a botte con un coetaneo maschio per vendicare il torto subito dalla sorella femmina, evento che si fa pretesto per il terzo atto del film, quello in cui la verità verrà a galla e in cui la madre, personaggio-funzione che ha il compito di indirizzare il film verso il suo finale, costringerà Laure/Michael a dire la verità ai suoi nuovi amici.
Con addosso degli abiti femminili, Laure/Michael dovrà recarsi da Lisa e confessarle tutto: in quel momento la bugia diventa verità, nel momento in cui gli abiti che indossa appaiono del tutto estranei a quel personaggio, vengono riconosciuti da chi guarda come sbagliati, non appropriati alla figura che sta sullo schermo.
L’identificazione che Laure/Michael opera con il proprio genere è lo stesso che gli spettatori finiscono per attribuire al personaggio. Così, nel momento in cui la madre la costringe a indossare abiti femminili e a fare coming out con i suoi amici, appare estremamente enfatizzata la violenza che si sta perpetrando. E la delicatezza della regia di Sciamma non affievolisce la ferocia della sequenza, che viene messa in scena con una neutralità disarmante.
Alla fine del film, si abbatte definitivamente il regime di etenormatività che ha regnato fino a lì. Nel momento in cui Laure/Michael e Lisa tornano a parlarsi, Lisa chiede per la seconda volta al personaggio il suo nome e Laure/Michael dice di chiamarsi Laure.
Mostrando di nuovo interesse per Laure/Michael, Lisa sfiderà le convenzioni del suo gruppo sociale di riferimento – gli amici che poco prima la avevano derisa per aver baciato una femmina – abbracciando la possibilità di un rapporto sentimentale con una persona dello stesso sesso.
Ed è qui che Tomboy esprime la sua idea fino in fondo e chiude definitivamente il cerchio.