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The Dirt: Mötley Crüe

“The Dirt : Mötley Crüe ” è un film statunitense distribuito da Netflix il 22 marzo del 2019 e diretto da Jeff Tremaine. Ripercorre la carriera dei Mötley Crüe fin dagli albori, partendo dall’infanzia tormentata del bassista Nikki Sixx (Douglas Booth), intrisa di sofferenze perché abbandonato dal padre in tenera età e maltrattato dagli innumerevoli compagni della madre che non l’ha mai degnato di amore ed attenzioni. Tenutosi in vita grazie alla passione per la musica, decide di tentare la fortuna a Los Angeles dove, dopo qualche esperienza in altre band, viene notato in un locale da Tommy Lee (Machine Gun Kelly) che gli propone di formare insieme un nuovo gruppo. Danno così inizio ai provini dove si presenta Mick Mars (Iwan Rheon), un ragazzo più grande, che  li colpisce subito per la sua bravura nel suonare la chitarra elettrica. Per ultimo si unisce a loro Vince Neil (Daniel Webber), ex compagno di scuola di Tommy Lee, ingaggiato perché abile a muoversi sul palco ed a catturare l’attenzione del pubblico femminile, oltre che per le sue doti canore. Durante una riunione decidono il nome del gruppo che viene suggerito da Mick Mars : nascono così i Mötley Crüe .

Come da manuale al primo concerto ci sono pochissime persone ed è addirittura una rissa con il pubblico a dare notorietà alla band in quel momento. Dopo non molto tempo cominciano ad avere un certo seguito e firmano un contratto con un’importante casa discografica, ingaggiano il manager Doc McGhee (David Costabile), fino ad arrivare al successo planetario e ad essere consacrati come “I padrini del Glam metal“. Passando tra concerti, donne, droga ed alcol, il film ripercorre anche gli eventi tragici della band, in particolare di Vince Neil: l’incidente d’auto che causò la morte del batterista degli Hanoi Rocks, Razzle, in cui il cantante dei Mötley Crüe guidava in stato di ebbrezza, ed in seguito la morte di sua figlia Skylar, spirata a soli quattro anni  per un cancro allo stomaco.

“The Dirt: Mötley Crüe”, come il libro omonimo della band da cui è tratta la sceneggiatura del film, ha la grande particolarità di raccontare non tanto i successi avuti sul palco, ma gli eccessi vissuti dietro le quinte . L’intento dichiarato del film è quello di scioccare  fin  dalla prima scena, dove vediamo il gruppo nel pieno di un festino a base di alcol, droga e sesso, tre argomenti che diventano i punti cardine della narrazione. I Mötley Crüe vengono mostrati esattamente per quello che sono: eccessivi, pazzi, senza regole, disturbati e disturbanti. Si narra meno della gloria ottenuta con la loro musica, che nel film oltretutto domina ben poco, e viene calcata la mano nell’esporre il loro stile di vita dissoluto e turbolento.

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La sregolatezza dei Mötley Crüe , oltre a scioccare, ha anche un altro scopo: quello di sviscerare i dolori che hanno dato vita alla band stessa. Nikki Sixx, che nel film come nel gruppo fa da colonna portante, è un ragazzo che vive di abuso di alcol e droga, usati per lenire il dolore provocato da questa madre assente e dalla famiglia che la vita gli ha negato. Arriva quasi a morire con un overdose di eroina per sopprimere quel dispiacere, ma viene salvato in extremis in pieno stile Pulp Fiction. Si rifugia nella tossicodipendenza pur di non sentire quel dolore antico che lo ha reso Nikki Sixx, un dolore a cui attinge per poi convertirlo in musica. Senza quella sofferenza non sarebbe esistito Nikki Sixx, sarebbe rimasto Frank Feranna e forse non ci sarebbero stati neanche i Mötley Crüe .

Notevole la bravura di Iwan Rheon nell’interpretare Mick Mars, questo chitarrista grandioso affetto da spondilite anchilosante, che ha ben chiaro quello che vuole dalla vita e corre a prenderselo a dispetto della malattia stessa. Come nella realtà, anche nel film Mick Mars rimane più in disparte rispetto agli altri, ma è proprio questo suo essere più con i piedi per terra che lo mette in risalto. Anche lui non disdegna i festini a base di droga ed alcol, ma è chiaramente più maturo degli altri. Ha la consapevolezza che solo una malattia come la sua può dare, sembra sempre che senta ticchettare le lancette dell’orologio, e ha perennemente lo sguardo di chi non ha voglia di perdere neanche un secondo del suo tempo.

Tommy Lee, il batterista divenuto famoso negli anni per le sue relazioni e per i suoi colpi di testa, cresciuto comunque in una famiglia amorevole, che ha come imperativo di vita fare tutto quello che vuole senza preoccuparsi delle conseguenze, che però irrimediabilmente arrivano sempre. In ultimo Vince Neil, il cantante che in gioventù era quello che viveva con più leggerezza, passando da una donna all’altra, molto narcisista e presuntuoso, costretto in seguito a scontrarsi con il grande dolore di sopravvivere a sua figlia, cosa che lui descrive come “Contro le regole dell’Universo“. Nel film lo si vede stringere la mano della sua bambina costretta in un letto di ospedale, con gli occhi devastati di un padre che si prenderebbe volentieri il cancro al posto di sua figlia pur di salvarla.

E’ in virtù delle esperienze drammatiche che i Mötley Crüe si svelano umani. Nel loro dolore, sotto i colpi della vita, seduti ad un tavolo a raccogliersi come una famiglia e a riconoscersi come tale, a dispetto della popolarità e dei festini dissoluti.  E’ alla fine del film si comprende davvero chi sono Nikki, Tommy, Mick e Vince: quattro ragazzi plasmati dalla moda trash degli anni ’80, mossi dalla sofferenza oltre che dalla depravazione a cui il successo immancabilmente conduce. Un successo che probabilmente non avrebbero avuto, se la vita di ognuno  di loro fosse stata più regolare e priva di grandi disgrazie. E’  dal ” Buco nel cuore ” dei Mötley Crüe  che nascono le loro canzoni.

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“Quando Tommy siede dietro la sua batteria, Nikki prende il suo basso, Mars accende la chitarra, succede qualcosa…una specie di scarica elettrica. Non l’ascolti. La percepisci…”

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