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Superstore – Recensione di una sitcom frizzante

La serie comedy Superstore è andata in onda dal 2016 al 2021 e ha avuto un buon riscontro da parte del pubblico. Vede protagonisti dei commessi di un tipico supermercato americano alle prese con clienti difficili, ingiustizie sindacali e Black Friday infernali.

La serie è stata creata da Justin Spitzer, famoso per avere prodotto e/o scritto sitcom entrate ormai nella storia della televisione, come The Office e Scrubs. Superstore ha un cast corale e i due protagonisti sono i veterani della televisione America Ferrera (Ugly Betty e vista recentemente al cinema in Barbie) e Ben Feldman (Mad Men).

Inoltre fanno parte della serie la frizzante Nichole Bloom (Shameless), Nico Santos (Crazy & Rich), Lauren Ash e il comico canadese Mark McKinney.

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Superstore

Panoramica sui personaggi

Superstore ha come protagonisti personaggi eclettici ma determinati.

La serie comincia con l’arrivo al superstore di Jonah (Ben Feldman), un ragazzo un po’ ingenuo, cresciuto in una famiglia agiata e illuso che la vita riservi sempre tante sorprese. A frenare l’entusiasmo di Jonah c’è la capo reparto Amy (America Ferrera) che invece lavora nel superstore da anni, è infelice e sente che il tempo le stia sfuggendo di mano. Inutile dire che tra i due si formerà una complicità che forse va oltre la semplice amicizia tra colleghi.

Il manager dello store si chiama Glenn (Mark McKinney), un cattolico convinco con la testa tra le nuvole e l’animo da bambino. A contrastare le stramberie di Glenn c’è la glaciale vice direttrice e responsabile della sicurezza Dina (Lauren Ash) che odia il manager e la sua linea dirigenziale. Tra gli altri personaggi ci sono l’adolescente Cheyenne (Nichole Bloom), un’anima giocosa e birichina, e Mateo (Nico Santos), un ragazzo sicuro di sé e senza peli sulla lingua. Infine c’è Garrett (Colton Dunn), un uomo paraplegico che si mostra indifferente e sarcastico, ma che vuole bene ai suoi colleghi.

Tutti i personaggi sono unici e compensano a vicenda l’esuberanza: così si crea un equilibrio nella serie che rende ogni episodio molto scorrevole. Lo spettatore trova in ognuno qualcosa in cui identificarsi e per cui emozionarsi, quindi Superstore è altamente coinvolgente.

Superstore

Superstore – Recensione

Superstore è una sitcom ambientata, appunto, in uno store tipico americano di una catena di fantasia, la Cloud 9.

Il pregio della serie è la scrittura sia delle varie trame verticali (autoconclusive in ogni episodio) che di quelle orizzontali per ogni stagione. In ogni puntata si sviluppano situazioni esilaranti che ruotano intorno a promozioni di salse (episodio Vaccini e Salse) o ai saldi durante il Black Friday (episodio Il giorno delle prime volte).

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La serie non si limita però a fare ridere ma pone, sin dalla prima stagione, le basi per parlare di argomenti più importanti. Grazie a una sceneggiatura brillante la sitcom pone l’accento su una tematica importante: i diritti dei lavoratori americani. Episodio dopo episodio, tra disavventure e clienti fastidiosi, s’insinua e diventa preponderante la volontà di parlare di temi considerati “controversi”.

L’unicità di Superstore sta nell’essere più “politica” rispetto ad altre serie del genere (come la sopracitata The Office o Parks and Recreation).

Grazie a un umorismo intelligente e spesso “nero” (come nell’episodio Felice Halloween), la sitcom parla di diritto all’aborto, molestie e sindacati. Glenn rappresenta il conservatore contrario alla pillola del giorno dopo e ci fa riflettere su quanto spesso ci arroghiamo il diritto di sentenziare a nome degli altri. La lotta di Jonah per fondare un gruppo sindacale è una delle trame più innovative della serialità comica e dipinge un quadro realistico degli Stati Uniti di oggi. L’America combatte contro gli immigrati, crea barriere e in Superstore la “vittima” riluttante di questa situazione è uno dei protagonisti, un immigrato clandestino. Emblematico è l’episodio della quarta stagione La giornata dei dipendenti, forse il più drammatico della serie.

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L’ultima stagione è ambientata durante il Covid e la serie dipinge bene la situazione drammatica, tra mascherine che non vengono distribuite, clienti che sputacchiano e distanziamenti non rispettati.

Superstore – Conclusioni

Superstore è una sit-com che qui in Italia non ha avuto il seguito e il successo che merita. Al contrario di una serie come How I Met Your Mother, questa non ha una fanbase ed è un vero peccato. Un prodotto ambientato su un posto di lavoro così caotico si direbbe non adatto a momenti toccanti, eppure ce ne sono. È Jonah, nel primo episodio, cercando di fare una citazione ad American Beauty, a dire che nella “monotonia” dobbiamo sempre trovare attimi di bellezza. Gli spettatori che “entrano” nello store insieme a lui capiscono che bisogna essere in grado di creare dei momenti indimenticabili, altrimenti sopraggiunge l’apatia.

In un lavoro sempre uguale è necessario scavare a fondo per ritrovare la gioia o comunque quella scintilla che faccia dimenticare tutto. Superstore è quella scintilla. Si può definire come una “serie comfort”: è come una copertina che protegge dai mali del mondo e fa sparire l’ansia di vivere.

Potete recuperare questa serie su Netflix o a pagamento su Prime Video.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpetazioni
Emozioni

SOMMARIO

Superstore ha tutti gli elementi che si cercano in una sitcom, il cast corale dà spessore alle trame e la sceneggiatura fornisce degli spunti interessanti e inediti per lo spettatore.
Giorgia Ferraro
Giorgia Ferraro
Laureata al Dams, Hugo Cabret mi ha fatto scoprire l'amore per il cinema. Amo Bong Joon-ho, Villeneuve, Hitchcock e il giallo all'italiana degli Anni Settanta. Guardo volentieri i film d'animazione e gli horror (a volte nella stessa giornata). Per piangere un po' una commedia romantica è quello che ci vuole.
Superstore ha tutti gli elementi che si cercano in una sitcom, il cast corale dà spessore alle trame e la sceneggiatura fornisce degli spunti interessanti e inediti per lo spettatore.Superstore - Recensione di una sitcom frizzante