HomeRecensioni FilmSpiderhead – la recensione del film con Chris Hemsworth e Miles Teller

Spiderhead – la recensione del film con Chris Hemsworth e Miles Teller

Da pochi giorni – più precisamente, dal 17 giugno – il catalogo di Netflix è abitato, tra i vari nuovi arrivi, anche da Spiderhead. Il film, un thriller fantascientifico della durata complessiva di 107 minuti, è tratto dal racconto breve Escape from Spiderhead, scritto da George Saunders e contenuto nel suo Tenth of December. Il testo è stato riadattato per il cinema da Rhett Reese and Paul Wernick (già autori di Zombieland, Deadpool, 6 Underground), che hanno sviluppato la sceneggiatura. La macchina da presa è invece stata affidata a Joseph Kosinski, già regista di Tron: Legacy e Oblivion ma anche di Top Gun: Maverick, distribuito quasi in contemporanea con la pellicola in questione.

La trama del film

In una struttura pseudo-penitenziaria un gruppo di detenuti, condannati a scontare una pena severa, accettando di sottoporsi ad alcuni test scientifici ha modo di trascorrere il tempo di prigionia in modo agiato e confortevole. L’isolato ambiente è gestito dal dottor Steve Abnesti (Chris Hemsworth), in collaborazione con il suo assistente Mark. Ogni giorno, chiedendo preventivamente loro il consenso, Abnesti sottopone ai volontari alcune sostanze capaci di alterare i loro istinti, i loro pensieri, le loro percezioni o le loro capacità, con lo scopo ultimo di testare l’efficacia tali sostanze per poi proporle ad un mercato più ampio e redditizio. Tra i vari volontari, Jeff (Miles Teller) scoprirà il disegno più ampio che si colloca dietro alle intenzioni manifeste di Abnesti e tenterà di rivelarlo, ma facendolo rischierà di mettere a repentaglio la propria esistenza e quella di Lizzy, una delle volontarie a cui lo lega un rapporto di particolare vicinanza.

Spiderhead

Spiderhead: un thriller non sbagliato ma di certo dimenticabile

Non c’è nulla in Spiderhead di propriamente sbagliato, il che però non impedisce che la pellicola sembri non decollare mai. Le incertezze – sempre che di incertezze si possa parlare – si collocano ad ogni livello della lavorazione, consegnando al prodotto finale un senso di marcata incertezza che rischia di inficiare sul risultato. Questo accade certamente già dal punto di vista registico, a causa della scelta non particolarmente studiata e accorta dei campi e dei piani, che si alternano apparentemente senza criterio alcuno, e di movimenti di macchina che, più che descrittivi, sembrano voler mettere alla prova la tolleranza dello spettatore per colpa della loro banale ovvietà.

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Un’impostazione così ingenua non può che, inevitabilmente, riflettersi sui registri interpretativi degli attori protagonisti. Tra le performance, spiccano ovviamente (a livello quantitativo, di tempo in scena) quelle di Miles Teller e Chris Hemsworth, cui viene evidentemente lasciato ben più spazio sullo schermo di quanto ne rimanga ai loro colleghi. Per quanto tutto sommato buone e corrette, le loro prove attoriali risentono dell’atmosfera tonale del film e finiscono per risultare loro malgrado eccessive, tendenti al cartoon. La necessità di mettere marcatamente in evidenza gli sbalzi umorali del personaggi diventa così la causa di una recitazione tanto iperbolica da risultare quasi macchiettistica.

Le incertezze di cui la tecnica si fa carico, tuttavia, sono forse riconducibili ad una generale piattezza e staticità della trama, che per quanto non rifugga i colpi di scena non li sfrutta neppure al meglio. La vicenda riecheggia quel black sci-fi che tanto occupa gli schermi in questi mesi (o in questi anni?), figlio su tutti dello spartiacque che è stato Black mirror ma anche di prodotti filmici indubbiamente più prestigiosi di Spiderhead, a partire ad esempio dallo stesso Ex machina. Come spesso accade in questi casi, anche la pellicola di Kosinski ricalca l’indagine – connaturata al genere – del limite tra scienza e morale: fin dove si può spingere la scienza prima di infrangere la barriera dell’eticamente accettabile?

Per quanto non particolarmente originale il quesito che si pone avrebbe il potenziale di risultare quantomeno interessante. Forse però, la sovraesposizione del tema rischia in questo caso di diventare determinante nel sancire la definitiva banalità delle modalità narrative. A parità di tema, altre pellicole si sono rivelate capaci di coglierne meglio la quintessenza con riflessioni dal respiro più ampio, mentre la trattazione che viene portata avanti su Spiderhead si percepisce vagamente confusa – forse a causa della molteplicità dei temi trattati, dall’alterazione della condizione umana al consenso – e sicuramente mantenuta ad un livello di indagine scarsamente approfondito.

Spiderhead

In definitiva, la scrittura di Spiderhead finisce per danneggiare il prodotto nella sua totalità, che nel tentativo di una semplicistica over-compensation risulta in ultima istanza vagamente sbilanciato. La struttura nel suo insieme non può dirsi propriamente fallace, ma per l’interezza del minutaggio si mantiene piatta, prevedibile e priva di implicazioni concettuali ulteriori che la arricchiscano di una eventuale unicità. Così, purtroppo, la realizzazione finisce per sprecare il potenziale di partenza portando ad un “uno fra i tanti”, un prodotto se non deludente quantomeno facilmente dimenticabile.

PANORAMICA RECENSIONE

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

Spiderhead è un thriller di stampo black sci-fi che si interroga sul conflitto tra etica e scienza, risultando però purtroppo inficiato dalle sue stesse incertezze tecniche e strutturali.
Eleonora Noto
Eleonora Noto
Laureata in DAMS, sono appassionata di tutte le arti ma del cinema in particolare. Mi piace giocare con le parole e studiare le sceneggiature, ogni tanto provo a scriverle. Impazzisco per le produzioni hollywoodiane di qualsiasi decennio, ma amo anche un buon thriller o il cinema d’autore.

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