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Lo sguardo femminile: “Ragazze Vincenti”

Il baseball è donna. Questo è lo slogan del film “Ragazze Vincenti” (“A League of Their Own”), diretto da Penny Marshall che racconta in maniera romanzata la nascita della AAGPBL (All-American Girls Professional Baseball League), ovvero la lega di baseball professionale tutta al femminile. La pellicola, nonostante sia datata 1992, affronta il tema, di strettissima attualità  del riscatto e dell’emancipazione femminile. Con un lungo flashback torniamo indietro nel tempo e ripercorriamo la storia di Dottie (Geena Davis) e Kit (Lori Petty), due giovani sorelle, la cui vita viene sconvolta dall’arrivo di un talent scout che propone loro di partire per Chicago in modo da poter sostenere un provino.

Ragazze Vincenti

Siamo nel pieno della Seconda Guerra Mondiale e la chiamata alle armi degli uomini rischia di far saltare la stagione sportiva, perciò i manager della lega girano per gli States alla ricerca di giovani giocatrici. Dottie e Kit accettano la proposta del talent scout e una volta arrivate a destinazione superano brillantemente il provino, entrando a pieno titolo in uno dei team che compongono la lega. Inzia così “Ragazze Vincenti”.
Particolarmente importante all’interno della dinamica del film è la presentazione delle divise: a differenza della lega maschile infatti, le divise studiate per le giocatrici prevedono una gonna, emblema femminile per eccellenza.

Ragazze Vincenti

La creazione di una lega femminile non si rivela quindi un’operazione così innovativa come può apparentemente sembrare, ma anzi la presenza di giocatrici di sesso femminile all’interno del gioco del baseball è giustificata sempre nell’ottica della sottomissione allo sguardo e al piacere maschile: le giocatrici devono essere di bell’aspetto e rispettare i canoni e le aspettative della cultura patriarcale. La loro presenza all’interno del mondo del baseball è giustificata in funzione di una pura e semplice sostituzione, che non tiene minimamente conto delle differenze di genere: sono un rimpiazzo della figura maschile che non può essere fisicamente presente. Ma, quella delle giocatrici è comunque un’esperienza reale, vera e il loro ruolo non si può quindi associare a quello di semplici oggetti da sostituire.

Ragazze Vincenti

Il coach della squadra è Jimmy Dugan (Tom Hanks), un ex leggenda del baseball, allontanato però dalla dirigenza della MBL per i suoi problemi con l’alcol. Anche la scelta di Dugan come allenatore è puramente strategica e sottolinea come in realtà non ci sia alcun vero interesse per le giocatrici: uno specchietto per le allodole per cercare di attirare il pubblico maschile che conserva il ricordo delle imprese passate di Dugan. Il primo match mette in chiaro l’ostilità e il disinteresse di Dugan verso le ragazze, rispecchiando il pensiero comune che sostiene che le donne non siano in grado di poter giocare a baseball.

“Ora devi cominciare ad usare la testa, cioè quel grande bozzo che è circa un metro sopra il culo”

Jimmy Dugan

Pian piano però Dugan realizza le potenzialità del suo team di giocatrici e inizia quindi ad allenarlo seriamente. Il coach è la perfetta incarnazione dello stereotipo maschile e nel riprendere gli errori delle giocatrici con toni accessi (frequenti all’interno dell’ambiente agonistico maschile) sottolinea come la competizione non lasci spazio ad alcun tipo di emozione.

“Stai piangendo? Non si piange nel baseball!”

Jimmy Dugan

Si sottolinea così ancora una volta l’etichettatura del genere femminile (la donna troppo emotiva che piange), ma, in questo caso anche di quello maschile, (l’uomo forte e competitivo non può dare spazio alle proprie emozioni). Emblematiche sono le sequenze nel pullman che accompagna le giocatrici alle varie sfide. Qui le ragazze si riconosco l’una nell’altra e rifiutano l’ideologia della società patriarcale che le considera “freak” solamente perché appassionate ad uno sport legato alla sfera maschile e le vorrebbe intrappolare in ruoli di genere predefiniti. L’unione e il riconoscimento dell’io nell’altro sradica questo tipo di dinamiche convenzionali che non fanno altro che limitare l’espressione della femminilità.

Nel frattempo il rapporto fra le due sorelle si sgretola, portando Kit ad abbandonare la squadra e trasferirsi.  Nelle battute finali di “Ragazze Vincenti”, vediamo Dottie e Kit sfidarsi una contro l’altra nel match decisivo della stagione che decreterà la squadra campione. Alla fine del match le ragazze si ritrovano nello spogliatoio e si riconciliano confrontandosi riguardo al futuro: mentre Kit deicide di rimanere a Chicago per continuare a giocare, Dottie decide di tornare a casa e abbondare definitivamente il baseball. Si viene cosi a chiudere il cerchio e ritorniamo al principio del film, dove un’anziana Dottie si reca al National Baseball Hall of Fame Museum per celebrare i traguardi delle donne raggiunti nel baseball. Fra commoventi abbracci e sorrisi strappalacrime, si ritrovano le giocatrici della lega e insieme inaugurano la mostra all’interno del museo. Il tempo che scorre e la nostalgia per il passato glorioso lasciano quindi spazio al futuro e alla nuova generazione di giocatrici.

Ragazze Vincenti

“Ragazze Vincenti” fu grande successo al botteghino, tanto da essere il primo film diretto da una donna ad aver superato i 100 milioni di dollari al box office e nel 2012 viene inserito nella National Film Registry per la conservazione presso la biblioteca del Congresso. Sicuramente il lavoro di Penny Marshall non brilla a livello tecnico: il lavoro di regia rispetta i canoni della classicità, è molto “pop”, senza andare mai fuori dalle righe. Ma nonostante ciò ha il merito di portare alla luce una tematica controversa, eppure di vitale importanza. L’intelligenza della regista risiede nella creazione di un equilibrio che alterna momenti toccanti con divertenti siparietti comici stile screwball comedy.  La scelta del cast fra cui spicca un giovane Tom Hanks ancora alle prime armi, è sicuramente vincente. Il coach Dugan è un personaggio oscuro, che si schiarisce con il progredire della storia fino a diventare qualcosa di diametralmente opposto dall’uomo conosciuto nell’incipit. Questa evoluzione del coach Dugan è la metafora del pregiudizio, che una volta sconfitto porta ad un miglioramento e ad una rinascita personale. Dall’altro lato Geena Davis con la sua interpretazione composta di Dottie rappresenta una bussola morale all’interno della storia, e si presenta come elemento di ordine all’interno del caos. Nonostante la tematica sovversiva di “Ragazze Vincenti”, la regia lascia allo spettatore un punto d’identificazione e ciò spiega il grande successo al botteghino del film: lo spettatore medio americano gradisce il film perché ritrova degli aspetti di familiarità, di spontaneità e genuinità incarnati da Dottie e delle sue compagne di squadra. 

In “Ragazze Vincenti”, si evidenzia in maniera chiara come funziona la macchina del sessismo che vuole rilegare il  sesso femminile agli stereotipi di genere. La “minoranza” femminile si riconosce, si compatta, si trasforma e si coalizza, sovvertendo e sradicando le dinamiche convenzionali di genere che vedono la figura femminile come oggetto di sottomissione. Assumere quindi il punto di vista femminile è più importante che mai: lo era nel 1992 e continua a esserlo anche oggi.

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