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One Piece: la recensione del live action Netflix

Dopo oltre 106 volumi e 1000 episodi era finalmente arrivato il momento di poter vedere One Piece sul piccolo schermo con attori in carne ed ossa. Nato dalla geniale mente di Eiichirō Oda, la ciurma capitanata da cappello di paglia ha conquistato le generazioni dell’ultimo ventennio frantumando numerosi record. Dopo le oltre 500 milioni di copie vendute, primato assoluto nell’universo manga, e l’ultimo successo cinematografico della saga (Red), One Piece conquista anche lo streaming superando la quota del miliardo di minuti visti su piattaforma.

One Piece è un progetto che è già stato rinnovato per una seconda stagione, ma visto l’oceanica quantità di materiale al quale attingere, è probabile che la serie andrà avanti per diversi anni. Se i numeri dovessero via via crescere stagione dopo stagione, questo potrebbe diventare l’originals Netflix di maggior successo.

One Piece: trama

In un mondo dominato dai pirati, il cui unico scopo e depredare e governare i mari, un giovane ragazzo di nome Monkey D. Rufy (Iñaki Godoy) sogna di trovare il One Piece, un leggendario tesoro del quale non si conoscono i contenuti. L’aspirante Re dei pirati sarà accompagnato nella sua missione da una stravagante ciurma. Zoro (Mackenyu), Nami (Emily Rudd), Usop (Jacob Romero Gibson) e Sanji (Taz Skylar) sono i primi componenti della squadra guidata da Rufy capello di paglia, il pirata di gomma.

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one piece
Un immagine tratta dallo sceneggiato Netflix

One Piece: un mondo troppo difficile da trasporre in modo credibile

E’ ormai risaputo, complice il periodo pandemico il mondo manga ha ormai accinto a sé una grande fetta di pubblico. Le storie delle riviste shonen giapponesi, prima sfogliate solo dai più nerd, prendono ora vita in live action sulle grandi piattaforme. Arrivati però alla fine dell’ultimo episodio di One Piece ci si chiede il perchè della creazione di questo prodotto. Le basi sulle quali poggia questa serie sono solidissime da un lato, ma allo stesso tempo scricchiolanti.

Il bicchiere mezzo pieno è sicuramente dato dalle storie avvincenti, dai meravigliosi personaggi e dalle ambientazioni che da ormai vent’anni caratterizzano il mondo di One Piece. La difficoltà di trasposizione di un opera fumettistica di questo tipo sul piccolo schermo è però il grandissimo deficit che una storia come questa può avere.

Le smorfie di Rufy, le acrobazie spadaccine di Zoro e le mosse di karate di Arlong a tratti risultano abbastanza ridicole. Le riprese sembra che siano state effettuate in un parco a tema giapponese. Manca qualsiasi tipo di credibilità in questo mondo che perde molta della magia e fascinazione che si possono ritrovare sfogliando i tankobon delle fumetterie. La CGI è in certi momenti credibile, ma nella gran parte del tempo il tutto sembra più riconducibile a un prodotto di serie B che a una grande produzione con milioni di dollari di budget a puntata.

L’enorme successo farà sicuramente il budget destinato. Questo sarà necessario a mettere delle pezze sui buchi tecnici di questi primi otto episodi? Non è detto. Personaggi come Tony Tony Chopper e Brooke saranno delle belle gatte da pelare per produzione, e potrebbero portarsi via parte del patrimonio monetario destinato alla stagione.

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Zoro mentre si batte in un combattimento con le spade

La scelta degli interpreti

Veniamo ora alla questione che più di tutte ha accigliato gli spettatori fin dal rilascio delle prime immagini dai set: la questione casting. Anche quì vale il discorso fatto in precedenza, essendo Oda uno dei più grandi caracter designer di tutti i tempi, riuscire a trovare dei volti che potessero accostarsi ai principali personaggi di One Piece non era affatto facile.

Pur con molte riserve sull’atto interpretativo, Zoro, Nami, Usop, Sanji e Rufy sono esteticamente molto simili alle loro controparti animate sia per movenze fisiche che per dettagli del personaggio. Fare di meglio era davvero difficile quindi, almeno per quanto riguarda la scelta degli interpreti, pollice in su per Netflix e Oda che, stando a quanto riportato, si è reso partecipe ai vari provini per i ruoli delle sue “creature”.

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La ciurma di cappello di paglia

In conclusione

La serie live action di One Piece sarà percepita in maniera differente da chi si approccia per la prima volta all’opera e chi invece la mastica già bene. Non si può certo dire che il prodotto non intrattenga anzi, l’avventura per i mari e i combattimenti coreografici ci sono tutti. Il problema è che chi ha letto i volumi del fumetto rischia di trovare un po’ ridicolo il tutto, ancor di più se lo si riconduce a quanto visto su carta.

Tecnicamente poi l’opera è piena di falle, scenografie scadenti, regia di bassissima qualità e momenti cringe rendono questa prima stagione One Piece per quello che è: una pura trovata commerciale che lascia pochissimo margine all’arte. L’unico modo per poter apprezzare appieno One Piece è quello di chiudere un occhio, o forse due, sugli strafalcioni registici e tecnici, lasciandosi totalmente trasportare dalla storia dei pirati più amata di tutti i tempi.

One Piece: trailer

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Malino per questi primi episodi di One Piece. La serie segue abbastanza fedelmente i primi volumi del manga, ma le carenze tecniche affossano un po' il tutto.
Davide Secchi T.
Davide Secchi T.
Cresciuto a pane e cinema, il mio amore per la settima arte è negli anni diventato sempre più grande e oltre a donarmi grandissime emozioni mi ha accompagnato nella mia maturazione personale. Orson Welles, Ingmar Bergman, Akira Kurosawa e Federico Fellini sono gli autori che mi hanno avvicinato a questo mondo meraviglioso.

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