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Non si uccidono così anche i cavalli? – la Recensione

Il film “Non si uccidono così anche i cavalli?” è uscito nel 1969 e vede protagonisti l’attrice Jane Fonda e Michael Sarrazin. L’opera vanta un primato molto curioso, l’essersi aggiudicata 9 candidature ai premi Oscar, senza tuttavia aver ottenuta quella a miglior film. Tratto da un romanzo di Horace McCoy, il film è diretto da Sydney Pollack, regista di titoli quali “La mia Africa” e “Tootsie“.

Non si uccidono così anche i cavalli?
Un frame del film

Non si uccidono così anche i cavalli? – trama

Durante la grande depressione, viene organizzata in California una maratona di ballo alla quale sono chiamati a partecipare i cittadini locali. La gara consiste nel resistere più a lungo a ballare in coppia con il proprio partner e aggiudicarsi il montepremi di 1500 dollari. Centinaia di coppie partecipano all’evento, con la speranza di portarsi a casa il premio in denaro. Una valutazione medica coinvolge gli aspiranti partecipanti, al fine di dimostrare una buona salute che permetta l’inserimento in gara. Tra questi una donna di nome Gloria, che si unisce a un giovane ragazzo sconosciuto di nome Robert, dopo che il compagno con cui si era candidata non rientra nei canoni sanitari stabiliti. L’iniziativa richiama all’attenzione centinaia di curiosi, pronti ad assistere allo show a pagamento, di cui diventano spettatori paganti.

Non si uccidono così anche i cavalli?
Un frame del film

Non si uccidono così anche i cavalli? – Recensione

Il film è tratto da un romanzo di Horace McCoy, uscito nel 1935 e che ha avuto una notevole influenza nei circoli intellettuali francesi durante la seconda guerra mondiale, divulgato clandestinamente in Francia, prima della sua pubblicazione ufficiale a fine guerra. Lo scrittore, per questa ragione, ha goduto di un successo prevalentemente fuori dai confini statunitensi. La trasposizione cinematografica ha sicuramente contribuito a rivalutare il libro, donando nuova linfa vitale all’opera letteraria.

Soffermandosi sull’idea, è sorprendente notare come l’autore McCoy, sia riuscito a descrivere un periodo storico e politico con costante ed estrema lucidità, attraverso una semplice azione umana, che è quella del ballo di coppia. Il regista Sydney Pollack, porta assoluto rispetto per il romanzo, tanto che si impegna con tenacia nell’inserire il suo lavoro artistico nel firmamento hollywoodiano.

Non si uccidono così anche i cavalli?
Un frame del film

Sydney Pollack, è tra gli autori che negli anni 60, rende importante e celebre il movimento della New Hollywood. Un gruppo di giovani cineasti che rompe con le regole classiche, che il cinema americano si trascinava dietro dal suo periodo d’oro. L’opera in questione rientra perfettamente nei canoni di quei titoli che hanno troncato con la tradizione. Il motivo risiede nel fatto che la regia, per la prima volta, decide di mettersi al servizio, non tanto della storia, ma della tematica e del messaggio critico che vige al suo interno.

La storia passa in secondo piano e l’intero comparto tecnico, dalla fotografia, alla scenografia ragiona e studia quali possano essere le soluzioni migliori affinché sia il pensiero, che si nasconde attraverso le immagini, ad arrivare a più persone possibili. Lo schermo presenta una gara di ballo semplice e lineare, la grandezza consiste nel modo in cui essa viene rappresentata, seguendo fedelmente il testo letterario ma aggiungendo tanto qualitativamente a livello visivo.

Non si uccidono così anche i cavalli?
Un frame del film

Il quinto lungometraggio di Sidney Pollack critica pesantemente la società americana. L’intento del regista è quello di mostrare con massima serietà la tematica dello showbusiness statunitense, ancor prima dell’avvento della televisione. In sostanza, le malsane regole e dottrine che venivano seguite ciecamente ai fini esclusivamente commerciali, sono le stesse e identiche di quelle che troviamo oggi nel mercato televisivo, con programmi spazzatura che circolano sui canali principali.

Sono cambiate le modalità e i mezzi con cui si cerca di approfittarsi di ogni situazione, che si viene a creare al solo scopo di lucrarci sopra. Alla base del pensiero umano rimane la solita idea ovvero quella di sfruttare le miserevoli condizioni della povera gente ignorante, per alimentare uno show basato unicamente sul vuoto cosmico, permeato di un impoverimento culturale ai massimi livelli.

In un’epoca in cui la televisione stava subendo il suo punto più alto e lentamente si affermava come prodotto irrinunciabile nella vita di milioni di persone, Pollack ci aveva visto lontano e la sua opera appare oggi profondamente profetica e lungimirante. La critica è spiazzante e lo spettatore non può rimanere indifferente dopo la visione di un prodotto studiato e ragionato per portare a una riflessione sul tema.

Un frame del film

Le interpretazioni contribuiscono a rendere cult l’intero lavoro, ancora estremamente attuale. Ogni personaggio è iconico e aggiunge un tassello in più per la comprensione generale del tutto. Il potere, rappresentato nelle vesti del presentatore della vicenda, è descritto perfettamente e si controbilancia rispetto all’impotenza e alla disgrazia con cui invece vengono raccontati i protagonisti, vittime di un gioco spietato e cinico, trattate come bestie da macello, come indicato nel titolo stesso.

La regia mostra da subito la bravura che contraddistingue il regista Sidney Pollack, il quale dipinge e inquadra un periodo storico, quello della grande depressione, in un modo originalissimo e spietato, nei confronti di un potere mediatico che punta al controllo della massa. L’ episodio ricorda per certi versi il pensiero critico di George Orwell, che traspare nel suo più celebre lavoro letterario “1984“.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Sydney Pollack realizza uno dei suoi migliori lavori, grazie a un'ottima sceneggiatura, che con semplicità, racconta e descrive un nuovo tipo di società che presto pone le basi per nuovi modelli culturali.
Giovanni Veverga
Giovanni Veverga
Amo gli autori che vogliono e sanno come raccontare una storia in grado di affascinare lo spettatore.

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