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Memory – L’ultimo film di Michel Franco in concorso a Venezia 80

Se non sai più chi sei, sei ancora te stesso? Quale dolore si attraversa e quanta vita scivola via in queste condizioni? E le emozioni che posto occupano, se riescono ad occuparlo? Memory di Michel Franco indaga una dinamica dolorosa e struggente tra due anime malate di memoria e bisognose di amore, che devono attraversare un confine, affidarsi a qualcuno diverso da sè, strapparsi da traumi del passato e dalle proprie cartelle cliniche, e affiorare in superficie.

Dramma sentimentale tra due anime ammalate di memoria

Tra gli ultimi film presentati in concorso per il Leone d’oro alla 80. Mostra del cinema di Venezia, la più recente fatica del regista di Nuevo Orden e Sundown, artista divisivo ed altalenante, abitudinario di scenari ossimorici, sovversivi e poco organici, è un lavoro completamente opposto ai suoi lidi consueti e meritoriamente sorprendente.

Memory è un dramma sentimentale, privato, uno studio su personaggi e circostanze tanto specifici quanto universali: sfiora con delicatezza le zone d’ombra che ognuno deve affrontare, e le dinamiche che demoni, patologie e dilemmi, una volta smossi, lasciano ai singoli individui nella vita di ogni giorno.

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Memory

Memory – Trama

Da una parte abbiamo Sylvia (Jessica Chastain), ex alcolista, sobria da tredici anni, assistente sociale in un’associazione che offre supporto ad adulti con problemi fisici e psichici, madre iperprotettiva di un’adolescente, custode addolorata di un passato di abusi sessuali dentro e fuori la famiglia, abusi mai ammessi da nessuno dei responsabili né da chi gravitava attorno alla donna.

Dall’altra appare Saul (Peter Sarsgaard), un uomo affetto da demenza senile precoce, in tutto e per tutto normale, se non fosse per quella custodia in cuoio appesa al collo con dentro un numero di emergenza da chiamare quando succede quel che non deve succedere, per quel suo vivere e condividere la propria casa con la famiglia del fratello e per quei suoi momenti di finta presenza in cui compie azioni non consequenziali o smette di immagazzinare fatti, dati e volti, lasciandosi domare da un oblio insidioso.

Memory

Ed è a seguito di uno di questi frangenti di deriva della consapevolezza, di assenza involontaria che Saul segue Sylvia dopo una festa.

La pedina, senza sapere di pedinarla; lei lo respinge bruscamente subito ergendo le barriere di cui sempre si fa scudo nella quotidianità, addirittura arriva ad accusarlo di essere il ragazzo più grande che la abusò sessualmente al liceo, ma le cose cambiano quando scopre che non è la persona che crede e che la memoria di quell’uomo è ammalata.

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Da qui la nascita della loro relazione che emerge lentamente, parte da un rifiuto ed arriva ad un’ accoglienza, distrugge diffidenza e distanza, in poco tempo, perché riesce a toccare corde comuni e scoperte appartenenti ad entrambi.

Le famiglie innalzano barriere e fingono di non vedere

Ma le famiglie non sono spalle complici di questa nuova relazione, al contrario la osteggiano.

Il fratello di Saul lo reclude in casa impedendogli di uscire, togliendogli liquidità bancaria e chiavi di casa; la madre di Sylvia, tramite la sorella della donna e la nipote, cerca di dissuaderla dall’ennesimo, secondo le sue consuete parole, colpo di testa di quella figlia che è sempre rimasta una ragazza difficile, irresponsabile e fallita.

Eppure poco c’è di più puro e consonante di queste due anime tradite, sconquassate e balorde a loro modo.

Memory

Memory – Recensione

Parlano i corpi e parlano i comportamenti in questo film delicato ed intimo, ben studiato nell’analisi organica dei diversi caratteri, con una cura attenta al particolare, al non detto, all’incastro di intuizioni, deduzioni ed impulsi fisici e mentali.

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La partitura verbale è ridotta a ciò che serve, specie tra i due personaggi principali, i chiaroscuri dosati ed estroflessi con garbo come rivelazioni uniche, il tono è di un racconto gentile che accompagna lo spettatore nel mondo difforme e nella comprensione alterata che la coppia protagonista riserva a se stessa, agli altri e al campo emotivo che ne deriva.

Slice of life intimo e delicato con alla base analisi organica dei personaggi

Si dice che due anime gemelle si intercettino anche a distanza, che risuonino nelle medesime ferite o il graffio dell’una trovi strumenti di decodificazione immediati nell’anima dell’altra.

E così la disuguaglianza è, qui, azzerata, sembra di riconoscersi negli occhi di chi si ha di fronte da una vita, e la presenza dell’altra persona diventa elemento imprescindibile del quotidiano, elemento salvifico.

Combaciano le cicatrici in qualche modo, tra questi due spiriti sperimentatori di sofferenze, con ricordi appannati dalla malattia o da riemersioni “alla normalità”, post-traumatiche, affrettate, ed entrambi esplorano una primavera del cuore che forse credevano non sarebbe loro mai più toccata, in ragione delle rispettive croci.

I danni di una memoria ammalata o incancrenita a livello psicofisico

Hanno ragione quelli che hanno definito Memory come un film che poteva recitare l’inarrivabile coppia De NiroStreep, un film all’ Innamorarsi (Falling in love, 1984), per dire: stessa cura nel dettaglio del processo emotivo, stessa attenzione alla qualità attoriale, stesso soddisfacimento nell’inscenare la fenomenologia del sentimento più antico del mondo, l’amore, ma, in questo caso, in uno scenario irto di difficoltà ed ostacoli, visibili, e soprattutto, non visibili.

Dunque una riflessione sulle barricate che la memoria incancrenita impone al nostro corpo e alle nostre convinzioni, un solleticare l’abisso dell’Alzheimer, dove sembra scritto su pietra, non possa provare ad innamorarsi nessuno, uno sguardo a come mal reagisce la società ad una serie di difficoltà ed abusi fuori dal controllo di chi le subisce, verso i quali ci si gira dall’altra parte, si castra, si tende a reprimere, opprimere, sminuire, esercitare una forma di controllo decostruttiva in totale disascolto con quelle che possiamo tranquillamente definire personalità succubi.

La non accettazione sociale della caduta, della disgrazia, della malattia e dell’abuso

Queste ultime infatti sono vittime in più di un senso: lo sono rispetto a ciò che nolenti è capitato loro, riducendo a brandelli la fiducia verso gli altri e la sicurezza di sé; lo sono per come reagiscono negativamente agli eventi traumatici, andandosi a creare una serie di recinti mentali e fisici in cui costringono se stessi e le persone più vicine a vivere (basti guardare alla figlia di Sylvia, alla quale è impedito di frequentare amici, andare alla feste, anche quelle dei suoi cugini); lo sono per il giudizio con cui il resto della comunità che pure dovrebbe essere domestica ed amica, liquida, se non addirittura punisce fatti complessi che lasciano segni nelle personalità di ognuno.

In questo modo New York e la società americana di cui la città è specchio, sono ancora una volta fucina di disparità, disuguaglianza nel trattamento di persone che partono da diversi presupposti, non scelti, ma capitati: forme nascoste di pregiudizio e post-giudizio per cui chi cade, di quella caduta è comunque responsabile.

La disgrazia che succede, è come minimo anticamera del fallimento personale; specie se non si è in grado di rialzarsi; rialzarsi, neanche a dirlo, da soli.

Memory

Memory – Cast

Memory è fatto sostanzialmente dalla bravura degli interpreti.

Della Chastain è impossibile dir male: un fascio di nervi e luminosità anche laddove di luce non deve dare traccia; impeccabile nella sua corazza malfidata di paura e regressione; eccezionale la scena della prima volta con il suo Saul, in cui sono chiaramente visibili tutti i passaggi fisici da una chiusura ad un’apertura, dall’imbarazzo, alla paura, allo scendere a patti con un rifiuto automatico della pratica traumatica, elementi definitori della condizione cui è sottoposto il personaggio, visto il suo background.

Peter Sarsgaard, Coppa Volpi come miglior attore

Di Sarsgard, premiato con la Coppa Volpi al miglior attore proprio nella kermesse veneziana, anche c’è poco da dire: volto e fisico hanno conquistato Franco da subito, per esplicita ammissione del regista.

Recita in sottrazione, i suoi vortici di nulla avvengono in sospensione, non hanno nulla di caricato, mentre nel suo sguardo balugina sempre un sorriso ed una disponibilità ad accogliere sentimenti spiazzante, anche nella confusione del bisogno.

Memory è un film che non ti aspetti da un regista come Franco, e per questo la meraviglia prende spazio; segue a ruota la commozione per la naturalezza che trasuda, a volte da particolare inaspettati e verissimi, che danno la caratura della qualità umana del lavoro.

Lavoro di umanità affiorante, di sincronia tra l’amore e l’abisso

Un esempio è la scena seguente, con relativo dialogo: Sylvia e Saul stanno guardando un film, lei deve scappare in bagno e gli chiede di raccontarle al ritorno quello che succede; lui la guarda e dice che no, non lo sa fare, perché lui non si ricorderà quello che accade, è così con ogni film. Allora perché lo stiamo guardando, gli chiede Sylvia. Perché lo volevi vedere tu.

A volte la grandezza dell’amore e l’imperscrutabilità di un abisso trovano pochi millimetri di stordente, brillante, toccante sincronia.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Sylvia ex alcolista con un passato di abusi sessuali si innamora di Saul affetto da demenza senile precoce. Un dramma intimo, relazionale, sentimentale, distante dai consueti accenti estroflessi e disorganici di Franco, molto autentico e profondamente umano. Riflessione sulle trappole con cui la memoria ammalata o traumatizzata imprigiona psicofisicamente le proprie vittime e sulla reazione opprimente o di diniego della società. Slice of life basato sul comportamento dei personaggi, con ottime prove d'interpreti.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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