Per il cinema statunitense L’ultima parola è un film di particolare rilievo. La storia vera dello sceneggiatore più famoso del suo tempo, messo al bando (o quasi) per le sue idee politiche. Nel 2015 questa vicenda è diventata opera cinematografica per la regia di Jay Roach. Il cast che compone questo film è ricchissimo: a partire dall’interprete di Dalton Trumbo, Bryan Cranston. Hanno preso parte a L’ultima parola anche Diane Lane, Helen Mirren, Michael Stuhlbarg, Louis C.K, Elle Fanning.
L’ultima parola – la trama
Dalton Trumbo negli anni immediatamente successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale è tra i più importanti sceneggiatori della nuova Hollywood. L’unico elemento che sembra inficiare la sua carriera sono le sue idee politiche. Trumbo, assieme ad altri artisti è membro del Partito Comunista, cosa che gli costa l’antipatia della parte più conservatrice di Hollywood, tra cui John Wayne (David James Elliott). L’ostilità sempre crescente di questi ambienti, unita alle pressioni del Congresso degli Stati Uniti, iniziano a rivelarsi via via più problematici. L’ultima parola racconta – in parte – delle vicende non solo di Trumbo ma anche degli altri membri della Hollywood Ten. Si tratta di artisti che hanno affrontato la messa al bando dal cinema americano e in alcuni casi anche il carcere. A seguito del tradimento di alcuni colleghi tra cui Edward Robinson (Stuhlbarg), che affermano un legame tra Trumbo e ambienti sovietici, l’uomo viene infatti arrestato.
Una volta scontata la condanna, Dalton Trumbo trova chiuse tutte le porte di Hollywood. Inizia così a lavorare per degli improbabili produttori di b-movies e, soprattutto sotto falso nome. La pressione e le difficoltà creano problemi nell’ambiente familiare, causando scontri con la figlia (Elle Fanning). L’ostracismo verso Trumbo dura per più di un decennio, fino a quando Kirk Douglas non lo riporta alle luci della ribalta con il famosissimo Spartacus. Il finale de L’ultima parola è uno splendido e appassionato “j’accuse” di Trumbo anni dopo essere stato riabilitato.
L’ultima parola – la recensione
Fare i conti con il periodo del maccartismo senza sconti per gli Stati Uniti, sia a livello cinematografico che come società, è sempre stato complesso. Una difficoltà ancora maggiore è quella di farlo senza fare sconti e senza tentennamenti. In questo senso, L’ultima parola sembra darsi una dimensione più rilevante di quanto dicano gli incassi. Perché si tratta di un film che non teme di rappresentare in modo non esattamente positivo alcuni miti e leggende di Hollywood, come avviene con John Wayne. Allo stesso modo non mira a costruire Trumbo come un eroe senza cedimenti, senza pecche. Trumbo è un moderno Don Chisciotte, attualizzato e contestualizzato. Lo è nel rifiuto del rinnegamento delle proprie idee, nelle intenzioni. Il film tratto dal romanzo di Bruce Cook nella sceneggiatura decide però di focalizzarsi tanto sulle sue contraddizioni umane.
Da una parte c’è lo sceneggiatore e dall’altra l’uomo, in conflitto con sé stesso, col mondo fuori, spesso anche con amici e familiari. A reggere il peso di questa enorme conflittualità è il cast a elevare L’ultima parola a una dimensione superiore. Cranston dà vita a più di uno scontro verbale serrato che valorizza la scrittura fino a diventare l’elemento imprescindibile di questo film. È un merito anche del regista quello di dare il giusto spazio alle interpretazioni, lasciare che conducano ad un certo punto il film. L’unico eccesso di retorica si presenta forse sul finale, un ammiccamento al pubblico che avrebbe potuto non esserci.
Dalton Trumbo attraverso Bryan Cranston
Uno dei grandi meriti de L’ultima parola è di dare sostanza a un personaggio rilevante come Dalton Trumbo. Si tratta di uno degli sceneggiatori più importanti della Hollywood postbellica, un ruolo che sarebbe stato probabilmente ancora più rilevante senza il maccartismo. Trumbo è la penna dietro Vacanze Romane, un film che esercita ancora adesso un fascino enorme negli spettatori e che ha influenzato decine e decine di altri lavori. È giusta la rilevanza che L’ultima parola attribuisce a Kirk Douglas, anche per questo. L’attore ha infatti permesso, rischiando, a Trumbo di tornare a fare liberamente il proprio lavoro.
Jay Roach e la produzione hanno scelto felicemente di farlo portare in scena a uno degli attori più talentuosi e ricercati di questi anni: Bryan Cranston. Cranston con L’ultima parola ha ottenuto una candidatura agli Oscar. Un’interpretazione che si inserisce nel pieno del periodo d’oro della carriera dell’attore di Breaking Bad. Rimane questa, per ora, l’unica candidatura di Cranston agli Oscar, nell’anno della vittoria di Di Caprio con Revenant. L’attore dopo anni di commedie e ruoli minori si è ritagliato una sua dimensione nel panorama cinematografico contemporaneo. Lo ha fatto riuscendo anche a non restare imprigionato nel ruolo di quel Walter White che ne ha sicuramente determinato la carriera. Un film come Trumbo è la dimostrazione della sua enorme versatilità e della capacità di costruire delle interpretazioni. Il ritratto che ci viene offerto dello sceneggiatore, l’empatia che scaturisce nasce, forse, più dal modo in cui Cranston lo mette in scena che dal film in sé.