Lasciali parlare: l’anomalia di Soderbergh
Potrebbe passare per opera innocua immersa in un dormiveglia contemplativo, con un mix di verbalità da camera e situazione già vista, in realtà Lasciali parlare, film del 2020, girato dall’estro di Steven Soderbergh, sfiora e contiene filosofie artistiche universali, invitando a sostare un po’ sul chi siamo e sul concetto di immortalità della parola scritta e parlata
Lasciali parlare – Trama
La storia è in realtá molto tradizionale. Alice (Meryl Streep), scrittrice vincitrice del Pulitzer, deve andare a ritirare un prestigioso premio oltreoceano, ma non vuole prendere l’aereo. Opta per la nave, e porta con sé, due sue amiche dell’università, Roberta (Candice Bergen) e Susan (Dianne Wiest), oltre al suo giovane nipote Tyler (Lucas Hedges), cui è molto legata.
A seguirla di nascosto e di proposito la sua agente, Karen (Gemma Chan), che cerca di sapere se il manoscritto nuovo che dovrebbe consegnare a breve e di cui non si sa nulla, contenga il sequel tanto desiderato dell’altrettanto amato libro che le valse il Pulitzer. Ma Alice ha ben altri gusti e ben altro in testa.
Durante la crociera riemergono conflitti mai sopiti tra le amiche, il cui antico legame sembra essersi corroso a causa di una serie di eventi di cui la scrittrice è direttamente o indirettamente ritenuta colpevole. Si confrontano professioni, si scambiano punti di vista prosaici e profondi al contempo, nascono e muoiono amori, rapporti, coscienze, persone.
Lasciali parlare – Recensione
Per capire come si resta nella memoria delle persone, il passato va affrontato e dimenticato; ma non solo. Tra gli spunti di Lasciali parlare compare nettamente il bisogno, sempre rincorso, di restare lucidamente incollati a qualcosa che sia vivo e vitale. Nella vita, per motivi di sopravvivenza conscia ed inconscia, di sé, del proprio organismo e della propria mente; nella scrittura e nell’arte, a maggior ragione.
La formula per fare un libro di successo, che sia un capolavoro di critica o il centotrentesimo scritto di uno stuolo di gialli popolari fabbricati con lo stampo, è un qualcosa che non appartiene alle cose vive. Elargire amore, ascoltare il prossimo, capire cosa sta facendo la vita, con la propria di vita, questo sembra suggerire il personaggio guida di Alice.
La sua penna ha incantato il mondo, ma ha rovinato la vita di Roberta, la quale le rinfaccia di aver preso spunto dalle sue vicende private per riempire pagine. Al contempo Alice rappresenta l’essere brillante per eccellenza, mentre Susan si è sempre sentita e si sente tutt’ora opaca e non all’altezza.
Le tre donne sono anime ognuna con una propria deriva, ma ognuna con un bisogno di ascoltare l’altro, di ottenere uno spazio che fino ad ora non c’è stato, o è cambiato.
Tre anime insoddisfatte in una crociera esistenziale
Alice si interroga sul senso dei premi, dello scrivere in un modo non commerciale, che guardi altrove per ritrovare senso, più in alto, oltre il cielo. Bersaglio dei suoi pensieri vaganti è certa forma eterna di narrativa che l’ha formata intimamente e che non assomiglia a nulla di ciò che circola: a queste parole sembra voler tornare ora la scrittrice, come se ne comprendesse il senso profondo solo ora, forse tardivamente, ma completamente e la sua urgenza è renderne partecipe chi si ritrova accanto in questa traversata più metafisica che concreta.
Roberta è esasperata dal suo lavoro, inutile e spesso deprimente, e sogna di “far soldi”, senza alcun scrupolo. Susan è insoddisfatta di una vita accucciata nel ruolo di mater familias. La loro reunion è faticosa e sfugge via, in una serie di scambi verbali non collimanti, frammentati, che si azzoppano a vicenda prima di avere il coraggio di arrivare al punto. Nei loro interdetti c’è la beffa di una vita che prometteva e poi non ha mantenuto, in un modo o nell’altro.
Tyler viene incaricato dalla zia proprio di interagire con le sue amiche, di lasciarle parlare, per capire cos’è che si portano dietro dopo tutto il tempo e gli eventi che le hanno separate. L’amore mancato, i figli da sistemare, il grigio della normalità, la mancanza di mezzi, l’averne troppi e non essere felici, il non sentirsi a posto nel mondo, nonostante sembra si abbia tutto.
Eppure lasciali parlare allude anche al permesso, implicito, o esplicito, creato ad hoc in questa occasionale e non occasionale crociera, di lasciar correre voci reciproche su aspettative, invidie, piani, sentimenti, che le protagoniste coinvolte si trovano a dover, volenti o nolenti, fronteggiare.
Il tramonto perenne, il decadimento, la fine che non arriva mai
Un sentimento intraducibile di decadimento e fine, registicamente accompagnato da luci arancioni frequenti che immergono la nave in un trapasso onirico, in un tramonto quasi fisso, che sta per andare via, ma non scompare, e che rende le battute anche le più colloquiali foriere di qualcosa di diverso.
Spesso non tutto quel che viene detto è così banale come sembra: è chi lo dice a voler togliere peso a questa che sembra una tempesta perfetta. L’artista la cerca in qualche modo sapendo che andrà incontro al suo redde rationem, ma tant’è, anche questo è un atto di amore e conoscenza.
Re-imparare l’ascolto in un mondo di convenienze e profitti
Alice porta il fardello di aprire la coscienza di uno scrittore alla noia, al possibile fallimento, ad una vulnerabilità che nessuno le riconosce e che però parla di lei e non solo di lei. L’agente cerca la gloria, ma trova un’amore che non sa gestire e qualcosa di non barattabile con le personali convenienze; le amiche cercando chi direttamente chi indirettamente una rivalsa, troveranno una vita sinceramente non conforme, un affetto di cui grossolanamente non ci si capacita, uno stupore che sembra l’ultimo dono che la vita vuol rendere loro.
Molte cose sfuggono ai disegni a tavolino, l’arte è sicuramente una di queste. Se tutto resta scritto, trascritto, trasfigurato, trasformato in una pagina di libro o diario, l’inevitabile perdita di senso che lo stare in vita comporta, assume un’altra dimensione.
La parola scritta è custode di un tempo giusto in cui c’era la verità
Il nero su bianco diventa strumento custode di un tempo giusto, in cui ogni cosa era ancora il nome che aveva: come le stelle del firmamento, campionesse nello spandere la luce, nel creare un’illusione, nel farsi testimonianza, anche e soprattutto dopo la loro morte.
Dunque, forse, Lasciali parlare è, invero, anche un film sul tramandare, sul lasciare qualcosa agli altri, sul concetto di eredità, artistica ed umana.
Lasciali parlare è follemente girato tutto all’interno di una reale nave da crociera la Queen Mary 2, durante un’effettivo viaggio della stessa. Il copione è ridotto ai minimi termini e molto è stato costruito durante le riprese: il grosso del lavoro si è dunque basato su una spina dorsale di improvvisazione che il regista si è potuto permettere senza grossi pensieri vista la natura del film, i legami tra i personaggi e la bravura storica delle tre interpreti, giganti della recitazione a stelle e strisce.
Lasciali parlare – Cast
Meryl luce campione, a qualche centimetro dal suolo, con gli occhi vispi di chi vuole terribilmente fare collimare segreto, desiderio e realtà, la Wiest di una dolcezza stordente e la Bergen dritta e diretta, con il profilo di una Jeena Rowland, provocante nell’energia e nella presenza scenica.
Si consiglia la visione in versione originale poiché il doppiaggio non aiuta a cogliere il valore del lavoro recitativo ed improvvisativo incastonato nelle pause, negli accavallamenti, nelle frasi mozzate, nelle interruzioni e riprese di senso che rendono al massimo il ritmo del pensiero reale.
Lasciali parlare è un film che non ti aspetti, commedia e dramma, familiare ed alieno, che scava dove non credi avrebbe battuto, ha una fisionomia atipica ed uno coraggio tutto sperimentale alla Soderbergh, nello sfiorare e comparare la finitudine mortale ed artistica accomunandole in un bisogno di ascolto universale, così trascurato dal quotidiano sordo e calcolatore.