HomeRecensioni FilmLa terrazza di Ettore Scola: il ritratto di una generazione in crisi

La terrazza di Ettore Scola: il ritratto di una generazione in crisi

La terrazza (1980), un’opera corale che esplora il declino di un gruppo di intellettuali nella Roma degli anni Settanta. Sei anni dopo il suo capolavoro, C’eravamo tanto amati, il maestro Ettore Scola ci regala una delle opere più significative del cinema d’autore italiano, premiata come miglior sceneggiatura al 33° Festival di Cannes. Un cast stellare che vede come protagonisti Jean-Louis Trintignant, Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi per un intreccio di storie personali e professionali che racconta una classe borghese intrappolata nelle sue stesse ipocrisie, contraddizioni e ideali traditi.

La terrazza

La terrazza – Trama

Un’elegante terrazza romana. Questo il luogo, fisico e simbolico, che dà il titolo all’opera e che diventa il palcoscenico ideale per mettere a nudo i protagonisti tra conflitti e incomprensioni. E’ qui che si apre il film dove un gruppo di amici, tra produttori, giornalisti, attori, conduttori televisivi e sceneggiatori si trova a cena. Tra i tanti c’è Enrico, interpretato Jean-Louis Trintignant noto per Il Conformista e per le sue parti in Amour e Happy end, due grandi titoli del regista austriaco Michael Haneke. Uno sceneggiatore in crisi, costretto a sacrificare le proprie aspirazioni artistiche per soddisfare le richieste di un’industria cinematografica ossessionata dal profitto, che nel film è rappresentata da Amedeo (Ugo Tognazzi).

Un produttore cinematografico che incarna un sistema disposto a sacrificare contenuti e morale pur di raggiungere il successo economico. Il quale costringe Enrico a lavorare solo su commedie leggere e sketch comici perché nulla conquista il pubblico più di una risata, portando inevitabilmente Enrico a un esaurimento nervoso. “La rivoluzione non la fa chi la deve fare perché dovrebbe farla il cinema”, gli dice Amedeo. Un uomo egocentrico e spregiudicato disprezzato da tutti i presenti, consapevole e felice di esserlo perché ciò non fa altro che alimentare la sua smisurata vanità.

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La terrazza

Un puzzle di storie

Poi c’è Luigi (Marcello Mastroianni) un giornalista saccente e cinico, perdutamente innamorato di Carla. Una ragazza molto più giovane interpretata da Carla Gravina, premio per la miglior attrice non protagonista a Cannes. Lei è decisa a lasciarlo schiacciata dal peso di essere entrata nel mondo della televisione grazie alle sue raccomandazioni. “Lui parlava di sentimenti, lei di lavoro“, si ripete Luigi mentre si trova a cena con la donna. Una riflessione che esprime tutta la condizione di incomunicabilità in cui si trovano immersi i due amanti. Poi Scola ci presenta Sergio (Serge Reggiani). Autore televisivo in Rai, depresso e amareggiato dal suo lavoro, in lotta contro la banalità imperante e il vuoto culturale dei programmi televisivi che però è obbligato a realizzare. Un giorno, durante l’incontro con il suo direttore, arriverà a toccare il fondo di questa sua infelice esistenza.

L’ultimo capitolo è quello su Mario (Vittorio Gassman), deputato del PCI. Durante la serata in terrazza incontra Giovanna (Stefania Sandrelli), la moglie di un pubblicitario che, troppo concentrato sul suo lavoro, finisce per trascurarla. In un primo momento i due hanno una discussione sulle loro convinzioni politiche ma dopo essersi scusati si rincontrano e nasce un amore improvviso. Entrambi sposati, iniziano a vedersi di nascosto fino a quando Giovanna, stufa del loro amore clandestino, lo esorta a prendere una decisione. Mario, nel frattempo sempre più estromesso dal partito, si ritrova in bilico tra seguire i suoi sentimenti e adempire al proprio dovere politico. Una lotta interiore che sfocia in questa riflessione: è lecito essere felice anche se questo crea infelicità?

La terrazza – La recensione

Una galleria di personaggi per raccontare il malessere di una generazione. Ognuno di loro protagonista di un segmento narrativo dove incarna uno degli aspetti della decadenza della classe borghese dell’epoca. Enrico è l’artista che lotta per mantenere la propria integrità pur rimanendo schiacciato da mille compromessi, rappresentando così il declino dell’arte. Amedeo, d’altro canto, è il simbolo dell’industria dello spettacolo ridotta a un gioco di potere e denaro, un sistema che calpesta la creatività in nome del profitto. La sua figura, volutamente caricaturale, rappresenta una critica feroce alla società del consumo.

Luigi, invece, incarna l’alienazione dell’intellettuale. Pur avendo raggiunto successo e riconoscimento sociale, prova costantemente un profondo senso di insoddisfazione, sia sulla sfera personale, chiudendosi in una routine fatta di cinismo e rimpianti. Sia sua quella professionale perché consapevole della mediocrità della televisione per cui lavora, un mezzo che dovrebbe contribuire all’elevazione culturale che invece si sta trasformando in un veicolo di mediocrità. Anche Sergio dà voce al fallimento dell’ideale televisivo educativo, ormai subordinato alle logiche dell’audience e rappresenta l’incapacità di adattarsi a questa involuzione. E, infine, Mario, porta in scena la crisi dell’ideologia comunista e la morte del partito. Guardando pian piano svanire gli ideali per i quali lui e i suoi compagni hanno combattuto per decenni, cerca di consolarsi con la sua storia d’amore con Giovanna.

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La terrazza

Il teatro degli ideali perduti

Scola non si limita a raccontare l’intreccio delle vite dei personaggi ma utilizza le loro storie per rappresentate un’intera classe. Annoiata, avvilita, nostalgica di un passato felice, sempre più lontana dai propri ideali rivoluzionari e incapace di adattarsi ai cambiamenti che tenta di salvarsi rifugiandosi nell’unico luogo nel quale si sente compresa. La terrazza, ambiente elitario per eccellenza, diventa un vero e proprio personaggio della storia. Un microcosmo claustrofobico, simbolo di rifugio ma anche di isolamento dove i personaggi rimangono intrappolati, invecchiati e spaventati dal mondo esterno in cui non si riconoscono più. Un topos, quello della terrazza, ricorrente anche nel capolavoro di Paolo Sorrentino, La grande bellezza.

La terrazza non è solo un’opera cinematografica ma un vero e proprio documento dell’epoca che, attraverso un umorismo amaro uno sguardo sincero, è ancora capace di far riflettere sul significato di cultura e politica, potere e progresso e sulla decadenza di una certa società italiana “impegnata”. Dove l’unico valore che sembra resistere al tempo e salvare la loro esistenza è l’amicizia che lega i personaggi.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Un affresco sociale di frustrazioni, rimpianti e disillusioni della borghesia intrappolata in una crisi personale e collettiva, incapace di adattarsi al cambiamento e rimanendo così bloccata in una condizione di apatia e declino morale che il film indaga attraverso le storie di cinque protagonisti
Valeria Furlan
Valeria Furlan
Sognatrice per professione, narratrice nel tempo libero, vivo di cinema, scrittura e tè alla pesca. Completamente persa in Antonioni e nell'estetica della Nouvelle Vague, vorrei vivere in un film di Wong Kar Wai e non rifiuto mai un bel noir

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