Le sale cinematografiche sono in crisi. Sono ormai anni che vengono stampati pochissimi biglietti per partecipare alla visione al cinema dei film in uscita (che generano moltissimo hype ma che, di base, raccolgono meno seguito rispetto anche a dieci anni fa).
Si viene da due anni molto difficili, si sa: la crisi delle sale cinematografiche è da imputarsi (in parte) anche al covid ma un’altra causa compartecipe al calo delle vendite di biglietti è anche la repentina ascesa dello streaming. Andando a braccetto con la pandemia, le varie piattaforme a disposizione di chiunque possieda una connessione internet, stanno cambiando le abitudini e il modo di fruire del cinema (settimana arte che vive, ad oggi, di rituali ben diversi rispetto al passato).
La crisi del cinema parte da dati eloquenti. Tenendo in considerazione, come si diceva, l’effetto pandemia si può dire che a gennaio 2022 risultavano aperti sul territorio italiano solo 3280 cinema. Il dato è progressivamente calato nel giro di un mese: febbraio 2022 ne registra infatti 2876. Le fonti parlano di elementi numerici in forte ribasso rispetto al periodo ante-covid. Nel 2021 gli ingressi in sala sono stati inferiori del 7% rispetto al 2020. E fa molto strano pensare che nel 2020 i cinema sono stati chiusi praticamente da marzo a dicembre (con una piccolissima ripresa estiva).
Quali siano le colpe della crisi delle sale non è pienamente certo. Da un lato, lo streaming ha contribuito, in questa fase di isolamento sociale, a cambiare l’abitudine di guardare un film. Piuttosto che uscire quindi si è proposta con forza la “tradizione” di sedersi sul divano e gustare la visione da casa. Le stesse case di produzione hanno iniziato ad aprire alla distribuzione online (Scorsese anche, alla fine, ha dovuto cedere).
Lato governo si parla, tuttavia di un cinema in ripresa, e si fa luce solo sugli aspetti positivi per l’industria dell’immagine, senza tirare in ballo scenari apocalittici. Il ministro Franceschini ha segnalato con forza la nota positiva dell’ampliamento dei siti italiani utilizzati per produzioni nostrane ed estere. Obiettivamente è da registrarsi un netto aumento dei film che vengono ospitati dalle nostre città (in primis Roma con Mission Impossible e Fast and Furious 10). Ma si passa anche per Red Notice (opera di bandiera, per un certo periodo, del colosso Netflix appunto). Questo elemento assume una portata enorme se si pensa che il fattore traffico e le vie strette potrebbero scoraggiare molte aziende a filmare nella capitale.
Gian Luca Farinelli (direttore della cineteca di Bologna) ha voluto dire la sua sulla crisi nelle sale. Sentendo parlare di “morte del cinema” non può fare a meno di trasalire e significare che la settimana arte è in grado di trasformarsi e prendere forma, proprio come un virus. La resilienza del settore audio-visivo è sempre stata sottovalutata a suo parere ma è anche vero che il calo di bilancio e di budget destinato alla produzione ha investito tutti (aziende italiane e non) per cui una certa misura cautelativa andrebbe comunque presa.
Ecco il progetto di Franceschini e del ministero della cultura di proporre finestre temporali in grado di assicurare alle sale cinematografiche un afflusso, oltre che certo, anche continuo. La proposta, non ancora legge, ma in fase di discussione parla di almeno 180 giorni di distanza tra la distribuzione in sala e l’uscita delle opere in streaming. Questo spazio temporale sarebbe in grado, secondo gli addetti ai lavori, di ridare lustro al concetto di frequentare un cinema e viverlo per quella che è la sua esperienza più viscerale (sedersi e fare parte di un’esperienza). L’usa e getta va quindi ridimensionato e il punto di partenza è questa proposta, segnalata dal ministro in occasione della premiazione ai David di Donatello. Ad oggi si segnala tuttavia una crescita di credibilità per la soluzione avanzata; quindi, la crisi delle sale adesso ha un nemico in più.