Presentato in concorso per la Palma d’oro al Festival di Cannes 2023, La chimera è il nuovo film della regista Alice Rohrwacher.
Terzo e ultimo capitolo della trilogia iniziata con Le meraviglie nel 2014 e proseguita con Lazzaro felice nel 2018, il film intende indagare il rapporto umano con il passato e con la morte.
Distribuito per 01 Distribution e uscito nelle sale italiane il 23 novembre 2023, La chimera ha un cast di fama internazionale: Josh O’Connor interpreta il protagonista Arthur, Isabella Rossellini è una donna anziana, madre della compagna defunta di Arthur, Carol Duarte ha il ruolo della giovane Italia, e infine Alba Rohrwacher veste i panni di un personaggio misterioso.
Dal momento che nel lungometraggio i protagonisti sono anche i luoghi, ricordiamo che le riprese si sono tenute nel Lazio settentrionale e nella Toscana meridionale.
La chimera: la trama
Anni Ottanta. Arthur, il protagonista, è un ragazzo inglese che ha un dono magico: riesce a percepire la presenza delle tombe etrusche sul litorale toscano.
Il suo talento è certamente vantaggioso per i suoi amici tombaroli, una banda che cerca sotto terra reperti preziosi da rivendere al mercato nero e guadagnarsi da vivere.
Mentre il gruppo tenta di arricchirsi illegalmente Arthur vive una fase di lutto. Avendo appena perso la compagna, Beniamina, egli ricerca un passaggio per l’aldilà che possa in qualche modo riunirlo con la sua amata.
Anche Italia è straniera, viene dal Sud America, e lavora come governante in casa di Flora, l’anziana madre di Beniamina, che sembra non aver realizzato ancora la morte della figlia.
Italia sarà la sola a riaccendere nel giovane Arthur un nuovo entusiasmo per la vita: il protagonista alzerà lo sguardo dal “basso” delle tombe, alle quali però… sarà forse attratto per sempre?
La chimera: la recensione
Il film è certamente intimo, delicato e originale per il panorama italiano. La chimera gioca di metafore in uno scontro ideale di concetti contrari: presente e passato, vita e morte, alto e basso, fedeltà e desiderio, predestinazione e libero arbitrio.
Tutti i personaggi vengono fatti ballare nel mezzo di queste dimensioni ibride, risultando incapaci di seguire le traiettorie del leggero volo degli uccelli secondo le leggi del destino. Nessuno di loro, al di fuori di Italia, riuscirà di rompere le “catene” della terra.
Un film che si prende il suo tempo (forse troppo?) per raccontare una storia drammatica e mai esistita, al centro di questa c’è lo straniero Arthur, poco pratico della lingua italiana e in missione per una ricerca fatale.
I toni della pellicola talvolta nascondono una comicità da film muto, i dialoghi sono ridotti al minimo, la recitazione mai sopra le righe. Lo spettatore entra in contatto con la storia attraverso l’interpretazione di ardue metafore o con il parafrasare scene particolarmente allusive.
Di questo aspetto ne risente la riuscita dell’opera che non risulta immediatamente comprensibile: la scelta di alcuni temi, come quello del lutto o quello della profanazione delle tombe, avrebbero meritato un maggiore spazio che permettesse un’analisi su schermo più esplicita.
La mancanza di spunti critici più o meno evidenti sugli argomenti cardine del film ne ostacola la risposta emotiva dello spettatore.
Un immaginario classico
Nell’immaginario a cui attinge la Rohrwacher troviamo Pasolini, il Fellini di Roma e de La dolce vita, ma niente di tutto ciò è rielaborato, anzi tutto è restituito a un certo tipo di cinema e a quella terra, saccheggiata dai suoi stessi compaesani, più che dagli “stranieri” come Italia e Arthur.
Fra gli interpreti spicca la prova di Isabella Rossellini nei panni di Flora, l’insegnante di canto che non accetta la perdita della figlia Beniamina, e quella di Carol Duarte, l’attrice brasiliana ricordata per La vita invisibile di Euridice Gusma che interpreta Italia, cantante stonata e con due figli da nascondere.
Buona anche l’interpretazione di O’Connor: un eroe denutrito e dolorante, straniero in Italia ma in verità estraneo anche a tutte le cose terrene.
Un predestinato, una presenza aleatoria tra i due mondi, quello dei viventi e dei mortali, un manichino sull’orlo del concreto e dell’etereo.
Un ruolo interessante quello di Arthur, un uomo misterioso che avrebbe potuto in più occasioni manifestare il suo dolore passato che purtroppo, proprio perché contenuto, è ridotto all’intuibile.
La chimera: conclusioni
La vera chimera del film, il filo d’Arianna che tiene tutto insieme, la conosciamo fin dall’introduzione, è proprio Beniamina.
Nel tessere le fila del film, la regista esplora un mondo ibrido attraverso sequenze dal registro eterogeneo e sensoriale. Centrali ne La chimera sono gli spazi, prettamente incontaminati, tombe arcaiche, terre verdi e umide, stazioni abbandonate.
Alice Rohrwacher gioca con la materia onirica e con quella del ricordo mettendo insieme gli aspetti opposti dei personaggi senza mai annullare le loro differenze.
Mancante di un racconto empatico e davvero coinvolgente La chimera riesce comunque a restituirci un’umanità ideale composta da persone di diverse etnie, lingue, e culture, lingue.
L’ultimo film della regista tedesca è un difficile tentativo di raccontare la dimensione eterna dell’aldilà tramite la rivelazione della bellezza del sacro messa in controluce con la brutalità del profano.