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La Cena, un magnifico Ettore Scola da riscoprire

La Cena di Ettore Scola mappa in maniera incredibilmente veritiera tutta l'umanità con gioie, dolori e affanni. Un film da riscoprire.

La Cena, un luogo come mappa dell’antropologia umana

Si parla poco di Ettore Scola o meglio, non se ne parla quanto meriterebbe. Potremmo benissimo definirlo un vanto del cinema italiano riconosciuto anche oltre i nostri confini, al di là dei premi vinti oltreoceano. La sua scomparsa è relativamente recente, eppure sembra appartenere ad un tempo lontano in cui il cinema nostrano era in una botte di ferro e nessun’altra cinematografia sembrava dargli filo da torcere. La sua filmografia attraversa decenni di storia italiana. Ha raccontato il nostro paese, i volti e i caratteri di più generazioni, fino ad arrivare a La Cena del 1998. Forse non il suo film più famoso – Una giornata particolare o C’eravamo tanto amati sono di certo più impressi nella memoria collettiva -, ma considerabile una summa dell’Italia alla fine degli anni Novanta nonché un saluto a molti dei suoi attori feticcio qui presenti nel cast. La scelta di ambientare il film in un ristorante è funzionale allo scopo per il quale l’opera è nata. Mappa con dovizia di particolari l’umanità in una serata come tante in un locale romano che riunisce persone della Roma bene con i ceti meno abbienti.

La trama del film

Tutto si svolge all’interno del ristorante “Arturo al Portico” gestito da Flora. Tra una portata e l’altra si svolgono delle storie, conosciamo un po’ della loro vita e alcuni personaggi vengono alla luce. Tra questi hanno particolare rilevanza il dialogo tra Isabella e la figlia Sabrina, ansiosa di fare una pesante rivelazione alla madre e la relazione amorosa tra un professore ormai attempato e una sua giovane ed euforica allieva. Anche la conversazione tra due attori mentre provano uno spettacolo da portare in scena e una coppia che parla del proprio futuro e del bambino che lei aspetta hanno particolare rilievo. Questi gli intermezzi in sala, ma anche nelle cucine si avvicendano i dialoghi dello chef e quelli dei camerieri. Poi ci sta la proprietaria, in affanno perché le tocca prendere una decisione che può cambiarle la vita. A “supervisionare” tutto la saggezza del Maestro Pezzullo.

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Una sceneggiatura firmata Scola e Scarpelli

A dar vita a questo racconto corale dalle mille sfaccettature è la sceneggiatura scritta da Scola con la figlia Silvia e in collaborazione con Furio Scarpelli. Vi dice niente quest’ultimo nome? Scarpelli è indissolubilmente legato al duo formato con Agenore Incrocci (conosciuti come Age & Scarpelli), le firme dietro alcune delle sceneggiature più belle della storia del cinema italiano. Dopo la loro separazione artistica Scarpelli ha continuato a collaborare con Scola (mentre Age più con Dino Risi) e La Cena è l’ennesima prova della sintonia instauratasi tra loro negli anni. Il film mette in scena la psicologia umana con tale raffinatezza e cura che è impossibile non restarne affascinati. Non è la prima volta che nei film di Scola un luogo diventa simbolo attraverso cui raffigurare l’antropologia umana, basti pensare a Una giornata particolare, La terrazza o La famiglia. In questo caso il ristorante gestito da Flora diventa un microcosmo di storie che si intrecciano grazie anche ad una regia incredibilmente profonda e ampia, perché gestire 40 e più personaggi non deve essere stato facile, soprattutto se si vuole dedicare ad ognuno il giusto spazio e attenzione.

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Una fotografia di un tempo lontano

Non esiste luogo migliore di un ristorante per fare una panoramica sull’umanità. I personaggi di Scola sono persone vere e proprie, non caratterizzazioni o marchette e ognuno ha un modo di affrontare e reagire alla situazione capitatagli. Gli episodi raccontano le storie più disparate. Stefania Sandrelli è una madre che sembra non volere che il tempo passi e non accetta ciò che la figlia le rivela; la coppia di innamorati è alle prese con una discussione riguardante il loro possibile futuro insieme; Giancarlo Giannini è un professore attempato che intrattiene una relazione con una giovane e avvenente allieva, ma la loro cena galante si trasforma in un momento pieno di humor. E poi una famiglia che si riunisce, una comitiva d’amici che nasconde degli intrallazzi sentimentali, un giovane che si fa sedurre da un mago da strapazzo, insomma, ce n’é per tutti i gusti. In un certo senso è un film nostalgico. Guarda al passato, perché rappresenta un mondo che non c’è più. In realtà è anche il cinema di Scola a non aver trovato nessun erede e nell’aria si percepisce sul finale un retrogusto d’amarezza.

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Il gigante Vittorio Gassman

Vale sempre la pena spendere due parole per uno degli attori più importanti, versatili e simbolo del cinema italiano nel mondo. Vittorio Gassman ne La Cena interpreta il Maestro Pezzullo, un cliente fisso del ristorante di Flora. Ordina sempre lo stesso piatto, riso in bianco, anche se continua a dare un’occhiata veloce al menù. E’ un personaggio che pare supervisionare ciò che accade intorno a lui. Solo in un secondo momento sente di dover intervenire con la sua saggezza, quasi a mettere ordine nella vita degli altri dispensando consigli. Potrebbe addirittura essere considerato uno dei suoi migliori personaggi, così come l’intero film merita d’essere rivalutato nella filmografia del Maestro Scola.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

La Cena di Ettore Scola è un magnifico ritratto di un'umanità vera, autentica, forse ormai disillusa e priva di speranze. Ogni storia che si svolge all'interno del ristorante romano racconta una particolare situazione e i personaggi, che sono parecchi, hanno dietro una sceneggiatura incredibile. La regia profonda e ampia non perde mai di vista gli obiettivi prefissati. Un film sicuramente da riscoprire nella filmografia del regista italiano.
Tiziana Panettieri
Tiziana Panettieri
E’ un amore di lunga data quello tra me e il cinema, cominciato con cult come Halloween, IT e L’Esorcista e alimentato negli anni con il meglio dell’horror e del cinema di genere. Ammetto, però, d’aver subìto il fascino del cinema asiatico, mediorientale e sudamericano. Sono onnivora, non mi precludo nulla senza aver prima provato.

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