John Bailey, importante direttore della fotografia statunitense, ci ha lasciati. E’ stato il primo cinematographer a guidare l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, nel biennio 2017-2019.
John Bailey, per gli appassionati di cinema degli anni Ottanta, è una specie di mito: è sua la direzione della fotografia di grandi film realizzati negli anni Ottanta come Il bacio della pantera (1982) e Il grande freddo (1983).
Morto ieri nel sonno all’età di 81 anni, Bailey si lascia una carriera considerevole alle spalle. E anche alcune polemiche. Scopriamo insieme che cosa ci ha lasciato in eredità.
John Bailey, la filmografia
La filmografia delle opere delle quali John Bailey ha realizzato la fotografia copre un periodo molto ampio, che va dal 1972 al 2015.
Ha esordito in un cortometraggio intitolato Open Window e, in pochi anni, è approdato a grandi produzioni hollywoodiane: American Gigolo (1980), i succitati Il Bacio della pantera di Paul Schrader e Il grande freddo di Lawrence Kasdan. Con i due registi collaborerà anche per Mishima – Una vita in quattro capitoli (Schrader) e per Silverado e Turista per caso (Kasdan).
In seguito lavora a due film diventati veri e propri cult movie. Il primo è Ricomincio da capo (1993), il film nel quale Bill Murray si sveglia sempre lo stesso giorno: il Giorno della Marmotta. Il secondo è Qualcosa è cambiato (1997), per il quale i due protagonisti Nicholson e Hunt ricevono entrambi un premio Oscar per il Miglior Attore e per la Migliore Attrice.
Bailey si specializza nelle commedie. Tra le più spumeggianti, anche se di scarso successo di pubblico, ricordiamo anche il musical The Producers – Una gaia commedia neonazista (2005), basato sull’omonimo film di Mel Brooks.
I suoi ultimi dieci anni di attività lo vedono impegnato con film a budget più basso e di minore richiamo al botteghino. Ma Bailey è già entrato nell’immaginario collettivo, soprattutto grazie ai chiaroscuri sensuali di American Gigolò e alle visioni oniriche e ancestrali di Il bacio della pantera.
John Bailey è stato anche regista: ha diretto 4 film, tra cui China Moon – Luna di sangue (1994), per il quale si è potuto avvalere di un cast d’eccezione (tra gli altri, Ed Harris e Benicio del Toro).
John Bailey, presidente in un periodo difficile
Quelli di John Bailey presidente dell’Academy furono anni tumultuosi per l’industria cinematografica statunitense. In quel periodo gli Oscar stavano affrontando problemi di caduta degli ascolti ed erano tacciati di privilegiare autori bianchi: online circolava, infatti, l’hashtag #OscarsSoWhite.
In più, nel 2017, ci fu un fatale errore con la busta del Miglior film, che compromise la vittoria di Moonlight, dopo l’annuncio di La La Land come vincitore della statuetta.
Come ciliegina sulla torta, appena due mesi dopo l’inizio del mandato di Bailey, il New York Times e il New Yorker fecero esplodere la bomba del caso Weinstein, che poi portò alla campagna #MeToo.
Bailey fu protagonista in questa fase, prendendo posizione contro Weinstenin e dichiarando, durante il pranzo in occasione degli Oscar 2018: “Posso essere un uomo bianco di 75 anni, ma, come il più giovane di voi qui, sono soddisfatto del fatto che il fondamento fossilizzato di molti degli abusi peggiori di Hollywood venga demolito“.
Accuse e polemiche
Il #MeToo colpì personalmente lo stesso John Bailey. Questi fu accusato di aver tentato di toccare in modo inappropriato una donna sul set di un film. Dai fatti che gli furono denunciati erano passati 10 anni.
Lui negò ogni accusa e, a seguito di un’indagine interna dell’Academy, nel 2018 si stabilì che non c’erano elementi per procedere. In seguito, Bailey fu eletto per un secondo mandato.
Cerimonia degli Oscar: le proposte di Bailey per il cambiamento
Durante i suoi due mandati da presidente dell’Academy, John Bailey ha provato anche ad apportare alcuni cambiamenti al sistema degli Oscar. Tentativi che hanno poi suscitato alcune polemiche.
Nel 2018 si creò un caso quando l’Accademia annunciò che agli Oscar ci sarebbe stato un premio anche per il film più popolare e che la trasmissione sarebbe stata più breve. La prima mossa, in particolare, ricevette molte critiche da parte di coloro che temevano che la categoria avrebbe penalizzato alcune opere che intendevano concorrere nella categoria Miglior film. Così, appena un mese più tardi, si abbandonò l’idea di un premio per l'”eccezionale realizzazione nel film popolare” (“outstanding achievement in popular film”).
Le intenzioni di Bailey in merito, comunque, erano buone: “L’idea di questo premio non era cercare di assicurarsi che certi tipi di film di massa venissero riconosciuti. Secondo me, riguarda più i film che sono così difficili da realizzare”. Lui stesso aveva lavorato a film dall’ingente budget che, in virtù di questo, spesso non venivano apprezzati.
Per il direttore della fotografia, comunque, gli Oscar erano destinati a una continua evoluzione. Come ha dichiarato nel 2018 all’Associated Press: la statuetta “è un simbolo di eccellenza in un’industria in continua evoluzione. E quello che stiamo cercando di fare è stare al passo con quei cambiamenti e onorare quei cambiamenti. Non è come se fosse congelato nel tempo, questi premi”.
Ora che è morto John Bailey, i presidenti che lo hanno succeduto hanno una missione: far sì che la mitica statuetta dorata, malgrado i suoi 94 anni, non diventi mai vetusta.