HomeNewsJavier Bardem si scaglia contro gli studios sulla questione palestinese

Javier Bardem si scaglia contro gli studios sulla questione palestinese

Ecco le parole dell'attore

Che il cinema mai come negli ultimi anni si sia fatto profondamente, oltre che in maniera piuttosto lodevole, riflesso della società contemporanea rappresenta uno scenario che, ormai sotto gli occhi di tutti, ha imparato dopo decenni di silenzio ad accettare le proprie responsabilità. Esemplare in tal senso l’ultima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, l’82esima per esattezza, in cui a spiccare nella cerimonia di premiazione è stata la pellicola The Voice of Hind Rajab, film realizzato da Kawthar ibn Haniyya che è valso alla regista e sceneggiatrice tunisina il Gran premio della regia con l’eccelsa statuetta del leone d’argento.

La presenza di un film del genere, con quest’ultimo volto a porre il proprio focus sul tragico caso dell’omicidio di Hind Rami Iyad Rajab, ragazzina di soli 5 anni residente lungo il tutt’oggi tristemente noto come teatro del conflitto isreaelo-palestinese Striscia di Gaza, ha rappresentato uno dei momenti più significativi dell’intera edizione, conferendo alla Mostra un carattere di forte attualità e di profonda riflessione etica.

Fatta tale doverosa premessa, in un contesto del genere non è di certo passata in secondo piano la 77esima edizione degli Emmy Awards, premio televisivo di fondamentale rilevanza all’interno del panorama cinematografico odierno in cui tra gli ospiti più attesi era l’attore spagnolo Javier Bardem (Non è un paese per vecchi, F1 – Il film), presente alla cerimonia come candidato per l’interpretazione nei panni di Josè Menendez – padre della coppia di fratelli Lyle e Erik – all’interno della miniserie Netflix Monsters.

Il messaggio di Javier Bardem

La presenza dell’attore sul red carpet non è passata inosservata neanche per un secondo, trovandosi Bardem a indossare la cosiddetta kefiah, copricapo tradizionale della cultura araba e mediorientale, un outfit immediatamente affiancato dalle parole decise dedicate davanti ai microfoni:

Eccomi oggi qui a denunciare il genocidio a Gaza. Mi riferisco all’IAGS, l’International Association of Genocide Scholars, che studia in maniera approfondita i genocidi e ha dichiarato che questo è un genocidio. Per questo chiediamo un blocco commerciale e diplomatico e anche sanzioni contro Israele per fermare il genocidio. Free Palestine.

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Javier Bardem

Esiste anche un’associazione chiamata Film Workers for Palestine e voglio chiarire qualcosa rispetto alla lettera di Paramount. Film Workers for Palestine non prende di mira individui sulla base della loro identità. L’obiettivo sono quelle società cinematografiche e istituzioni che sono complici e che stanno ripulendo o giustificando il genocidio e il regime di apartheid. Noi stiamo con chi aiuta e sostiene il popolo oppresso. Non posso lavorare con qualcuno che giustifica o sostiene il genocidio. È semplice. Non dovremmo poterlo fare, né in questa industria né in qualsiasi altra“.

Una mobilitazione necessaria

L’intervento di Javier Bardem si è mosso sulla scia della settimana che ha preceduto la cerimonia degli Emmy, in cui il mondo del cinema è stato scosso da una presa di posizione collettiva. Circa 3.900 professionisti dell’industria cinematografica hanno sottoscritto un appello promosso dal collettivo Film Workers for Palestine, impegnandosi a non collaborare con istituzioni e società israeliane accusate di essere “implicate nel genocidio e nell’apartheid contro il popolo palestinese”.

Il documento, che ha rapidamente raccolto adesioni a livello internazionale, indica con chiarezza quali comportamenti possano configurarsi come complicità: dal tentativo di “ripulire o giustificare il genocidio e l’apartheid” fino alla “collaborazione con il governo che li commette”. Si tratta di una dichiarazione di boicottaggio che non solo denuncia la situazione in Medio Oriente, ma mette anche sotto i riflettori il ruolo etico e politico del settore culturale, storicamente sensibile ai temi della giustizia sociale e dei diritti umani. Nella lista di adesioni nomi di alto rilievo come Yorgos Lanthimos, Ava DuVernay, Asif Kapadia, Emma Seligman, Boots Riley, Adam McKay, Olivia Colman, Ayo Edebiri, Mark Ruffalo, Riz Ahmed, Tilda Swinton, Lily Gladstone, Hannah Einbinder, Gael Garcia Bernal, Melissa Barrera ed Emma Stone.

La risposta di Paramount

In risposta a questa ingente mobilitazione, rilevante la lettera di Paramount:

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In Paramount crediamo nel potere della narrazione di connettere e ispirare le persone, promuovere la comprensione reciproca e preservare i momenti, le idee e gli eventi che plasmano il mondo che condividiamo. Questa è la nostra missione creativa. Non siamo d’accordo con i recenti tentativi di boicottare i cineasti israeliani. Silenziare artisti individuali sulla base della loro nazionalità non favorisce una migliore comprensione né promuove la causa della pace. L’industria dell’intrattenimento globale dovrebbe incoraggiare gli artisti a raccontare le loro storie e condividere le loro idee con il pubblico di tutto il mondo. Abbiamo bisogno di più dialogo e comunicazione non di vietarlo.”

Redazione
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