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Io, noi e Gaber: la recensione

Il regista romano, Riccardo Milani, con il documentario Io, noi e Gaber intende raccontare l’importanza che ha avuto per il secondo dopoguerra italiano il maestro del teatro-canzone Giorgio Gaber.

Il film, presentato al Festival del Cinema di Roma, è andato in sala grazie a Lucky Red dal 6 all’8 novembre 2023, per poi, dato il successo, tornare al cinema il 12 e il 13 dicembre. E infine è stato mandato in prima diretta TV su rai 3 il 1 gennaio 2024, per onorare l’anniversario della morte del grande artista.

Io, noi e Gaber è un appassionato ritratto di un intellettuale poliedrico che ha indubbiamente lasciato un segno alla sua generazione e a quelle a venire. L’età in cui nasce e cresce Giorgio Gaber è quella dell’inizio del consumismo e del crollo delle ideologie.

Parliamo quindi di un documentario necessario in quanto si ha ancora oggi un forte bisogno di un signor G come punto di riferimento.

Io, noi e Gaber

Io, noi e Gaber: la recensione

Riccardo Milani è un regista che ha già sperimentato la realizzazione di due docubiopic, ma in questo caso ha avuto di fronte un’impresa molto difficile. Era infatti oneroso restituire il giusto ritratto di un genio del ‘900.

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Milani confeziona un documentario che permette al pubblico di riflettere sul nostro presente dal punto di vista politico, sociale e morale.

Io, noi e Gaber, nel delineare il profilo dell’intellettuale, sembra seguire più fronti: si passa dal suo profilo familiare a quello televisivo, da quello più prettamente politico a quello più teatrante. Il regista, in linea di massima, nel raccontare la carriera di Gaber, segue un ordine cronologico con un approccio di testimonianza, a volte razionale e a volte più emotivo.

Dal film emerge che il signor G, insieme a Luporini, ha dato vita a dei prodotti artistici di gran valore intellettuale. Viene inoltre mostrato come l’artista, con il suo coraggio ma anche con la sua timidezza, fosse in realtà un uomo pieno di contraddizioni.

Un artista fuori dagli schemi, capace di scrollarsi di dosso qualsiasi definizione o categoria, che ha rifuggito le logiche di mercato, imposte dal consumismo già negli anni ’70 e ’80.

Giorgio Gaber era insomma un intellettuale sui generis. Per questo merita di essere ricordato ancora oggi, in una società che sta subendo un repentino processo di omologazione.

Io, noi e Gaber

Milano, la città della contestazione

Nel documentario Io, noi e Gaber viene raccontato anche come la città Milano, nel secondo dopoguerra, fosse un terreno di fertile contestazione. Essa ha saputo infatti coltivare talenti come quello di Gaber, di nutrirli nelle loro aspirazioni artistiche.

Alcuni artisti come Ombretta Colli, Adriano Celentano, Caterina Caselli, Mina hanno tutti lavorato o frequentato professionalmente Milano. Il documentario mostra come il successo di questi artisti sia nato nel bel mezzo della Milano degli anni Sessanta e Settanta, la città delle opportunità.

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Nel raccontare quell’uomo che riusciva a reggere il palco con il suo carisma, la sua passione, la sua intelligenza e le sue urla, ci sono volute tante testimonianze. Molti dei familiari, dei colleghi e degli amici hanno voluto regalarci un loro ricordo sul signor G.

La coproduttrice del film è la figlia di Giorgio Gaber, Caterina. Tra gli artisti e i personaggi pubblici vicini al grande artista Milani sceglie di far intervenire Lorenzo Cherubini (Jovanotti), Fabio Fazio e anche il politico Pier Luigi Bersani.

Io, noi e Gaber: le conclusioni

Nel documentario vengono ovviamente messe in scena le più famose interpretazioni di Gaber. Partendo dai suoi primi pezzi rock and roll dalle sfumature jazz tipicamente anni ’60 (come Ciao ti dirò, Il Riccardo, Barbera e Champagne), arrivando a quelli più autoriali e teatrali come La mia generazione ha perso, sulla quale Bersani dice che la sua generazione in realtà “poteva vincere meglio”.

Molti vedono in quest’ultima canzone e in Verso il terzo millennio il testamento del genio gaberiano e il senso della sua lungimiranza. Il film passa anche in rassegna capolavori ormai nell’immaginario comune come Destra-sinistra, La libertà, Quando è moda è moda, fino ad arrivare alla scelta di inserire Io non mi sento italiano sui titoli di coda.

Io, noi e Gaber ci mostra insomma la forza e l’impeto di un artista che, nelle sue sottili intuizioni e profonde riflessioni, è definibile “pasoliniano” nella lucidità con cui osservava la società italiana.

Ma perché oggi Giorgio Gaber ci manca così tanto?

L’intellettuale milanese ci ricorda di pensare sempre con la nostra testa, senza essere mai ipocriti, e di cercare la verità ovunque.

Ci rammenta anche che scrivere, cantare e seguire le proprie passioni è si anti-convenzionale ma è anche l’unica via per la felicità in un mondo individualista come quello odierno.

Riccardo Milani è riuscito dunque in una buona impresa che forse, se vogliamo trovargli un difetto, poteva essere accorciata di qualche minuto nella prima parte.

Ma per concludere Io, noi e Gaber è un’opera ben fatta poiché ci ha fatto sentire vicino, di nuovo e anche solo per due ore, quel genio di Giorgio Gaber.

Il trailer

PANORAMICA RECENSIONE

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

Io, noi e Gaber, documentario di Riccardo Milani, è un buon ritratto di un artista poliedrico, anticonformista e libero. Testimonianze, clip esclusive, spezzoni televisivi rendono il film coinvolgente e nostalgico.
Silvia Lopes
Silvia Lopes
La mia più grande passione è il cinema, fonte di vita e di crescita continua. Mi piace il cinema d’autore e quello di genere, amo i thriller ma non mi dispiacciono i film storici o drammatici. I miei grandi nomi sono Tarantino, Scorsese, Allen, Spielberg.

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