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Into The Wild

Ogni singola persona, una volta nella vita, ha sognato di sparire, fuggire via, into the wild, nelle terre selvagge. Tutti abbiamo immaginato un mondo libero dal male, puro e incontaminato, scosso soltanto da un vento leggero che rinfresca la pelle e scompiglia i capelli. È un desiderio fatto di nebbia. Vuota, labile, come quella che si alza dritta dalle distese in lontananza. Eppure, dalla fine del 2007, tutt’ad un tratto, la nostra immaginazione non è servita più. Sean Penn, stringendo tra le mani un libro uscito dieci anni prima, ha preso ogni nostro piccolo utopico dettaglio e lo ha cristallizzato in un’opera che, ancora oggi, riesce a farci emozionare come se la vedessimo per la prima volta.

Ora chiudete gli occhi. Immaginatevi in una stanza con tutta la roba che avete accumulato nel tempo. Banconote, lauree e vestiti firmati. Ora fate un malloppo, prendetelo e bruciatelo. Nella stanza, adesso, non resta più nulla, tranne quello che avete davvero. Voi stessi.
Riaprite gli occhi e inspirate forte.
Benvenuti nelle Terre Selvagge.

Christopher McCandless, a guardarlo di sfuggita, sembra un ragazzo americano come tanti altri. Di famiglia benestante, con una solida istruzione alle spalle, pronto per percorrere una strada dritta senza dossi chiamata carriera. Si è appena laureato e i genitori, col sorriso condiscendente di chi è felice soltanto perché non avrebbe accettato nulla di meno, gli comunicano il desiderio di comprargli un’auto nuova.

Chris, però, non è d’accordo. Un’auto nuova, infatti, non sarebbe altro che l’ennesima cosa da ammassare nel mucchio per dimostrare agli altri il proprio tenore. La sua famiglia, logorata da anni di tensioni e conflitti, non riesce proprio a capirlo. Chris. però, non ha più voglia di fare tentativi. L’unica cosa che desidera è abbattere i ponti, chiudere col presente e col passato, e correre fuori verso un futuro fatto di viaggi, aria aperta e libertà.

Così, Christopher scompare. O meglio, scompare dal mondo che tutti conoscevano. Il suo obiettivo è l’Alaska, una terra libera, selvaggia, dove ottieni solo quello che riesci a conquistare. Per arrivarci, sarà costretto a compiere una serie di pellegrinaggi, scendendo verso sud, fino al Messico, per poi risalire, dritto al nord. Durante il suo girovagare, incontrerà una moltitudine di personaggi. Gente che, un po’ come lui, vive la vita un secondo alla volta.

Il suo atteggiamento spontaneo, amorevole e sempre disponibile scaverà brecce nei cuori di tutti quelli che lo conosceranno. A molti, Chris cambierà la vita, proiettando su di loro il ritratto incantato del suo mondo magnifico. Dall’altra parte degli Stati Uniti, invece, emergerà il lato colpevole e nostalgico dei suoi genitori, costretti per la prima volta a scontare il peso dei loro gravissimi errori.

Into the Wild racconta una storia non lineare, che sviscera a fondo la vita di Christopher McCandless attraverso una lunga serie di flashback, alternati con le settimane che il protagonista trascorre in Alaska. Diviso in capitoli, il lavoro di Sean Penn non dona mai punti di riferimento, saltellando di continuo tra il presente e il passato.

Il ritmo, nonostante la durata cospicua, non tradisce quasi mai l’occhio dello spettatore, difettando un po’ soltanto in un caso, ovvero nella breve sequenza centrale ambientata in città. La divisione strategica della trama, poi, contribuisce a spezzettare intelligentemente la pellicola, evitando confusioni o dispersioni molto rischiose a livello emotivo.

Vero fulcro dell’opera di Sean Penn sono i personaggi. Il protagonista, autonominatosi Alexander Supertramp, incarna in tutto e per tutto lo spirito dell’avventuriero felicemente annegato nelle proprie illusioni. Il suo sguardo è sempre calmo, tranquillo e vagamente ironico. Non ha mai paura di confrontarsi con gli chiede dove sia la sua famiglia, e cos’abbia in mente di fare con la sua vita. Ogni volta socchiude gli occhi, sorride compiaciuto e tira fuori una degna citazione letteraria, che lascia dall’altra parte soltanto il silenzio.

Ineccepibili anche i suoi compagni di viaggio, come la bellissima coppia formata da Jan e Rainey, il malinconico anziano Ron Franz, oppure l’astutissimo trebbiatore Wayne Westerberg. Ognuno di loro scandirà una tappa del percorso di Chris. Ognuno di loro, porterà con sé un pezzo di lui per tutta la vita.

La durata generosa, 149 minuti, sembra diluita all’interno di un gigantesco ricettacolo di immagini che nonostante tutto non stancheranno mai. La telecamera, infatti, non perderà occasione per mostrarvi a fondo ogni sfaccettatura del paesaggio, disegnando un mosaico di splendide inquadrature che s’inseguiranno a vicenda fino alla fine. Altro elemento essenziale del mondo di Into The Wild è la colonna sonora composta da Eddie Vedder.

I brani rispecchiano perfettamente la desolazione sognante delle terre selvagge. Un mondo dove l’uomo non è altro che un semplice filo d’erba in un prato denso di solitudine. La musica è cristallina, lontana e libera. Il brano che più la esemplifica è Society, una sorta di lettera d’addio al nostro flebile mondo, intessuta di una fulgida e imponente malinconia.

L’opera di Sean Penn è una perla da vedere e rivedere che insegna tanto senza imporre nulla. Christopher McCandless, nonostante i suoi tratti estremi, diventa il prototipo di un uomo nuovo che in realtà non è altri che l’uomo vecchio, quello vissuto in un mondo dove le persone cercavano ancora di guardarsi in viso.

Il suo è l’appello disperato di un essere umano, che cerca sé stesso lontano dal mondo, dagli arrivisti e dagli egocentrici. È un uomo finalmente vivo, che non cerca nulla se non la presenza della propria anima.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Into the Wild è un film selvaggio. Addenta la vita e la spolpa come una bestia feroce fino a lasciare soltanto le ossa. Ci costringe a riflettere su ogni secondo della nostra esistenza, bombardandoci al contempo con una bellezza talmente soverchiante da lasciare senza fiato. Prendetevi un po' di tempo, spegnete le luci e tenete gli occhi ben aperti. E non dimenticatevi, ogni tanto, di regalare un sorriso a chi vi sta di fianco perché, come direbbe Chris, la felicità è vera solo se condivisa.
Diego Scordino
Diego Scordino
Amante di tutto ciò che abbia una storia, leggo, guardo e ascolto cercando sempre qualcosa che mi ispiri. Adoro Lovecraft e Zafòn, ho passato notti insonni dietro Fringe e non riesco a smettere di guardare Matrix e Il Padrino. Non importa il genere, mi basta sentire i brividi.

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