Il sangue di un poeta (1930) è il primo lungometraggio di Jean Cocteau, nonché il primo della Trilogia Orfica, composta da Orfeo (1950) e da Il Testamento di Orfeo (1960). I temi di vita, morte e creatività vengono esplorati attraverso il Cantore per eccellenza, la mitica figura di Orfeo, per l’appunto, e del suo viaggio.
Qui la dimensione è onirica. Il film, considerato un’esplorazione dei limiti della cinematografia, si concentra sulla natura della creatività e, tramite l’utilizzo di simboli e metafore, rappresenta la ricerca di un poeta verso la sua arte (e dunque l’inseguimento della sua stessa identità) la bellezza e il dono dell’immortalità.
È disponibile su Netflix.
Il sangue di un poeta – Trama
Un poeta (Enrique Riveros) cerca di sbarazzarsi di una bocca che prende vita sul palmo della sua mano, dopo diversi tentativi di cancellarla dalla tela di un quadro a cui sta lavorando.
Ispirato da una statua (Lee Miller Penrose), una Venere senza braccia che si anima dopo essere stata baciata, inizia un viaggio disseminato di simbologie inconsce oltre uno specchio.
Il poeta arriverà alle reminiscenze di un’infanzia singolare e alla conoscenza della tremenda noia dell’immortalità della gloria.
Il sangue di un poeta – Recensione
Il sangue di un poeta è un film surrealista che esplora la metafora del processo creativo (con le sue frustrazioni, ispirazioni e momenti di violenza interiore); l’angoscia dell’artista tormentato, alle prese con le proprie ossessioni e la difficoltà di esprimere la propria visione e la natura ambigua tra realtà e illusione.
La trama, con una serie di episodi visivamente sconnessi fra loro, enigmatici e simbolici, si sviluppa senza seguire una narrazione lineare convenzionale. La cronologia si muove liberamente riflettendo la logica del sogno. Le scene surreali e le trasformazioni inaspettate mettono in discussione la natura stessa della percezione. Il sesso e la morte, gli altri due temi portanti del film, si intrecciano in diverse sequenze, suggerendo un’interconnessione nel subconscio umano (la relazione con la statua e la morte del bambino sono esempi di questa dinamica).
L’ermafrodito dormiente, i bambini che litigano con le palle di neve, l’angelo con le ali di giornale, lo specchio d’acqua, la statua che parla, la bocca, sono tutti elementi di una corrente di pensiero che non deve spiegarsi. “La bellezza sarà convulsa o non sarà” diceva Breton nella conclusione del suo romanzo manifesto sul surrealismo (Nadja). Eppure, lo stesso Breton criticava Cocteau apostrofandolo come “falso poeta [..] a cui capita di avvilire, invece di elevare, ogni cosa che tocca”.
Scontri a parte, il marchio surrealista si manifesta anche nell’eros celato, che riprende sicuramente quello più esplicito e spavaldo di Buñuel (Un chien andalou – Un cane andaluso) e Dalì, quando fecero scandalo con L’ȃge d’or (1930). Celebre la scena in cui una donna succhia il dito del piede di una statua.
Che Cocteau abbia fatto la storia è risaputo e lo si vede anche negli strascichi che ha lasciato ai posteri. L’appartamento di Švankmajer (leggi qui per maggiori info) deve molto a Il sangue di un poeta e The Dreamers di Bertolucci a Les enfants terribles (giusto per citare due esempi).
Cocteau, l’esteta che amava i miti greci
Jean Cocteau, l’artista versatile, la cui originalità e capacità espressiva gli valsero il plauso internazionale. È stato poeta, saggista, drammaturgo, sceneggiatore, disegnatore, scrittore, librettista, attore e regista. Il suo cinema sarà sempre una poesia d’immagini in movimento, un canto visivo. Innovatore del cinema sperimentale e precursore nell’utilizzo del mezzo cinematografico per raccontare storie ed esplorare il potenziale poetico e simbolico delle immagini. Ha dato una comprensione del cinema come forma d’arte e l’ha resa strumento di esplorazione dell’inconscio.
Il suo impegno è sempre stato votato ad una forma d’arte totale, che mescolasse la parola con la pittura, la musica e la danza. La riscrittura dei miti classici segue non solo un gusto personale, ma funge da fonte d’ispirazione privilegiata anche per le tematiche. Il complesso edipico, il suicido paterno, la turbolenta infanzia si coniugano perfettamente con gli argomenti delle tragedie greche. Con l’opera Orfeo, fu il primo, in Francia, ad adottare l’occhio psicanalitico nella riscrittura dei miti greci.
Conclusioni
Pietra miliare del cinema surrealista. Il sangue di un poeta è un’opera volutamente ambigua e aperta a molteplici interpretazioni. Suo è il sangue del poeta che vediamo, sue sono le vicende, suoi i sogni. Cocteau è il Poeta stesso! La potente iconografia, la capacità di evocare suggestioni e il linguaggio innovativo hanno alimentato la sua forza creativa.
“L’autore dedica questo gruppo di allegorie alla memoria di Pisanello, Paolo Uccello, Piero della Francesca, Andrea del Castagno, tutti pittori di insegne ed enigmi” (a conferma della sua ammirazione e conoscenza pittorico-artistica). E conclude-iniziando con una didascalia: “Come sono stato intrappolato dal mio stesso film” e la firma Jean Cocteau.