Diretto da Steven Spielberg, Il GGG – Il Grande Gigante Gentile, è l’adattamento cinematografico di un grande classico per bambini di Roald Dahl del 1982.
Il talento di due tra i più grandi narratori e creatori di mondi con la loro capacità di unire il fantastico allo spaventoso riuscendo ad attribuire ai bambini il ruolo di eroi nelle loro innovative storie, si unisce dando vita ad un’opera straordinariamente affascinante.
Ambientato nella Londra degli anni ’80, il film segue le avventure di una bambina di 10 anni, e di un gigante che la introduce nelle meraviglie e nei pericoli del Paese dei Giganti.
La storia si apre in modo promettente: la colonna sonora di John Williams crea fermento mentre Sophie, la protagonista interpretata dalla piccola ma formidabile Ruby Barnhill, nel bel mezzo della notte giace sveglia nel suo letto dell’orfanotrofio dove vive. Mentre le altre bambine nel dormitorio già sognano da tempo, Sophie sgattaiola fuori e si sporge dalla finestra per vedere nel silenzio il mondo come appare nell’ora delle ombre.
Nell’oscurità, sotto la luce argentea e spettrale della luna, vede avanzare qualcosa. Quel “qualcosa” è un gigante, che afferra l’esile corpo della piccola Sophie. La notte di Londra incanta come una città da favola, mentre le primissime immagini e i movimenti del GGG sono estremamente accattivanti. La prospettiva di un’enorme mano che ti prende dal letto è uno dei brividi del libro, ed è tradotto bene sul grande schermo. Sophie viene rapita e portata nel Paese dei Giganti, dove si aspetta di finire in uno stufato, ma fortunatamente il gigante che l’ha rapita, non è solo grande, ma è anche gentile (oltre che vegetariano).
Alto più di 7 metri, con orecchie enormi ed un acuto senso dell’olfatto, il GGG è affettuosamente ingenuo e sta in disparte per la maggior parte del tempo. A differenza dei suoi fratelli che sono due volte più grandi, spaventosi e cattivi di lui. Steven Spielberg, però, ha optato per eliminare la rappresentazione di Dahl degli altri giganti che in realtà cacciano gli umani e li mangiano, trasformandoli in relativi buffoni.
Il lavoro del Grande Gigante Gentile è quello di catturare e diffondere sogni. Li cattura usando barattoli e reti da pesca, li mescola nel suo laboratorio e li fa esplodere nelle menti delle persone che dormono di notte. I sogni si muovono in diversi colori, come macchie fluorescenti di aria tinta. Si accede alla terra in cui risiedono soltanto in quello che sembra essere un lago. Ma è in realtà un riflesso di un mondo alternativo sotterraneo invertito.
Una delle scene più belle risiede proprio lì, quando Sophie vede l’immagine del GGG nell’acqua finta prima di saltare, che la invita a seguirlo. È un’affascinante effetto visivo, uno dei tanti nel film che gioca con riflessi e proiezioni. Un altro si svolge nella camera da letto di un ragazzo, dove il suo sogno viene proiettato sul muro adiacente a lui, sotto forma di una sorta di gioco d’ombra. Questa è una visione condivisa da due spettatori: noi e gli stessi osservatori in quel momento, il GGG e Sophie.
È in questo spirito che si sviluppa una narrazione più ampia. Siamo invitati a condividere l’esperienza con loro allo stesso modo. Tra queste due anime solitarie nasce un’inaspettata amicizia che, tuttavia attira l’attenzione indesiderata degli altri giganti che complottano per dare la caccia non solo a lei, ma anche agli altri esseri umani. Perciò i due protagonisti escogitano un piano per sbarazzarsi di loro una volta per tutte e ci portano poi ad un allegro finale che coinvolge persino la Regina d’Inghilterra.
Nonostante la commedia spesso infantile, la stimolazione lenta e l’avventura quasi senza tensione, il GGG in qualche modo ipnotizza. Senza alcuna fretta, il film sembra una rilassante ninna nanna che calma in tutti i sensi e suscita una pluralità di emozioni. Anche se girato magnificamente, c’è molto di più nel film rispetto alle sue immagini visive in 3D, la magia del live-action e della motion-capture. I sentimenti umani superano tutta questa tecnologia.
La performance di Mark Rylance trasuda nostalgia e innocenza. Il suo sguardo triste, un po’ spaesato, e il suo comportamento buffo e gentile tira le corde del cuore, avvicinandoti a lui, proprio come a Sophie. Rylance, che ha vinto un Oscar per un altro film di Steven Spielberg “Il ponte delle spie” (2015), è la scelta perfetta per questa gentile, umile creatura, e dà vita al bizzarro dialogo di Roald Dahl con un leggero accento del West Country. Inizialmente spaventata e confusa dal discorso e dal linguaggio scombinato del GGG, Sophie impara presto (come noi) ad amare la sua consegna inconsapevolmente comica e, allo stesso tempo, tenera.
Il GGG – Il Grande Gigante Gentile racconta una storia calda e magica, intesa a ispirare meraviglia, per gli occhi e per il cuore. È un film elegante e di grande riflessione, con molta luce e oscurità, tipico di molte prime opere della Walt Disney come “Dumbo”, “Fantasia”, “Biancaneve” e “Cenerentola”. Essere in grado di suscitare al contempo paura e meraviglia, di riscattare e insegnare una lezione, di riconoscere che la vita può essere difficile e a volte spaventosa, che il bene e il male coesistono, è una cosa fantastica, e non da tutti.
Questa commovente storia rimane fedele sia alla voce e al ritmo di Dahl che allo standard di eccellenza e alla vivida immaginazione di Steven Spielberg riuscendo a ricreare la magia di “E.T. L’extraterrestre” (1982). Un altro capolavoro dello stesso regista americano, nel quale racconta, grazie ad una trama commovente simile, un’amicizia inusuale e profonda catturando il cuore e l’immaginazione di grandi e piccoli.