I migliori film del decennio 2010-2019 secondo MovieMag dopo un sondaggio interno che ha coinvolto tutta la redazione
Dopo aver stilato la lista dei migliori film del 2019, la Redazione di MovieMag ha stilato una nuova lista sui migliori film del decennio 2010-2019. Questa lista non si pone come una classifica di merito, ma come una selezione delle opere che più hanno caratterizzato, cambiato o arricchito il panorama cinematografico degli anni dal 2010 al 2019.
Migliori film del decennio 2010-2019 ecco la lista:
Parasite (2019)
Primo film non statunitense che è riuscito a portarsi a casa la statuetta per miglior film, Parasite è il capolavoro di Bong Joon-Ho, grazie soprattutto a una sceneggiatura graffiante, intelligente e innovativa, un montaggio dinamico e una regia che combina satira sociale a momenti ad alta intensità emotiva.
The Wolf of Wall Street (2013)
The wolf of wall street è un tour de force di sesso, droga, criminalità e il più alto numero di fuck pronunciati nella storia del cinema. Nel ruolo del broker Jordan Belfort, Di Caprio esplora le sue potenzialità comiche e istrioniche, soprattutto nella scena in cui assume MD, supportato da bravissimi attori di contorno, quali Margot Robbie e Jonah Hill.
Interstellar (2014)
Insieme melodrammatica storia d’amore filiale e sci-fi spaziale,Interstellar segue Joseph Cooper, ex-ingegnere della Nasa ora contadino, che, in un disperato tentativo di salvare la Terra, intraprende un pericoloso viaggio che lo porterà lontano da sua figlia. Christopher Nolan bilancia bene commozione e azione, in un’opera in cui tutto, dalla musica alla fotografia, ha il compito di coinvolgere lo spettatore.
C’era una volta a…Hollywood (2019)
Nella lista non poteva mancare l’ultima impresa di Tarantino, applaudita dai critici per la sceneggiatura e per le divertenti prove attoriali dell’ormai istituzione Leonardo Di Caprio, ma anche di Brad Pitt, che nel ruolo di Cliff Booth ruba la scena agli altri comprimari. C’era una volta ad Hollywoodriesce a dare una meritata seconda vita alla scomparsa Sharon Tate, omaggiando al contempo lei e i vari generi del cinema di quegli anni.
Django Unchained (2012)
Caloroso richiamo al Django di Sergio Corbucci,Django Unchained è una storia di liberazione in salsa pulp, che lascia spazio anche a una storia d’amore di stampo dichiaratamente favolistico. Per quanto violento e sopra le righe, DjangoUnchained è infatti una favola western, che testimonia l’importanza del cinema di dare la giusta fine a storie che non l’hanno avuta.
La Favorita (2019)
Grazie all’incredibile trio di donne protagoniste, con La favoritaLanthimos si conferma uno dei registi più caustici e veementi del decennio. Un film sul potere, e l’illusione di questo, in una reggia che non è altro che una gabbia dorata, e tre protagoniste femminili che non sono altro che conigli che si usurpano l’un l’altra, con la violenza o con la seduzione.
The Tree of Life (2011)
Tra i film “strutturati” di Malick quello forse più evocativo, Tree of Life è un’epica esistenziale e una profonda riflessione sulla memoria e sulla morte. Aereo e suggestivo, è un film che risponde a uno specifico stato d’animo di contemplazione. Vinse la Palma d’Oro a Cannes.
Inception (2010)
Riflettendo sulle implicazioni di modificare la vita attraverso i sogni di chi la vive, Inception costruisce una trama investigativa, ad alto tasso di azione e con un magistrale uso degli effetti speciali, sia pratici (la celeberrima scena del corridoio) sia digitali. Nolan però esplora l’idea fin nelle sue potenzialità più profonde e drammatiche, rendendo Inception un’opera sul cui significato finale si dibatte ancora oggi.
Mad Max Fury Road (2015)
Quarto capitolo della saga cult diretta da George Miller, Mad Max Fury Road è una coloratissima giostra di effetti speciali (rigorosamente pratici!), chitarre che sputano fuoco, macchine roboanti e dialoghi sopra le righe. Con una trama che rompe tutte le regole della sceneggiatura, e scene di azione dirette e montate con una precisione che non ne diminuisce la libertà creativa, è sicuramente il film della ribalta di George Miller, che dopo i (bei) prodotti per ragazzi Happy Feet e Babe, ritorna così alle origini.
Joker (2019)
Presentato a Venezia, Jokerè la svolta drammatica del regista Todd Philips, famoso per la commedia Una notte da leoni. Philips affronta qui un sofferto ritratto di malattia mentale, rendendo Joker uno tra i cinecomic più autoriali e dolorosi, sostenuto da una magistrale prova attoriale, che ha portato Joaquin Phoenix a vincere il suo primo Oscar.
Drive (2011)
Dall’originale Bronson allo stilizzato The Neon Demon, Refn ha affinato la sua cifra stilistica rendendola immediatamente riconoscibile, e Drive si conferma il suo esperimento più riuscito e personale. Mescolando kitsch, sentimentalismo e crudezza pulp,Drive narra una storia d’amore in un mondo violento, strizzando bizzarramente gli occhi all’estetica, e alla musica, anni ’80.
The Master (2012)
Epico film monografico, The Master si riferisce al ruolo che Lancaster Dodd (interpretato dallo scomparso Philip Seymour Hoffman) ha all’interno del movimento religioso da lui creato, ma sicuramente si applica anche alla ambigua relazione che lo lega al vero protagonista del film, Freddie Quell. Una riflessione sui legami di fede, più che di potere, incorniciata da una fotografia splendidamente limpida e da una regia, lenta e implacabile, di P.T. Anderson.
Una separazione (2011)
Vincitore dell’Orso d’Oro e dell’Oscar per miglior film straniero, Una separazione è un delicatissimo ritratto di divorzio in un mondo in cui le sue conseguenze impattano sulla vita dei diretti interessati. Il regista iraniano Ashgar Farhadidimostra con Una separazione grande sensibilità nell’esplorare il punto di vista femminile e la fragilità delle relazioni umane.
The Social Network (2010)
Cosa ci può essere di interessante nella vita di un uomo diventato milionario prima dei 30 anni grazie a un sito internet? Eppure, David Fincher riesce a ricavarne un ritratto sorprendentemente empatico di un antipatico outcast, grazie soprattutto alla solida sceneggiatura di Alan Sorkin. Fin dalla prima scena, è chiaro che questo film prende alla gola e non molla la presa.
Roma (2018)
Roma è un quartiere di città del Messico in cui negli anni ’70 ci fu una dura repressione di studenti. Eppure, questo fatto, seppur climax del film, non è mai denunciato, né quasi mai citato. La storia, filmata in un suggestivo bianco e nero, segue infatti Cleo, domestica indigena di una famiglia di messicani bianchi. Cuaron con la sua macchina da presa si prende i suoi tempi: il suo obiettivo è mimetizzarsi nella vita di Cleo, e lasciarla scorrere davanti all’occhio della telecamera e dello spettatore.
The Hateful Eight (2015)
Otto personaggi, una locanda sperduta, una bufera di neve. Da Django Unchained, Tarantino sposta il genere western dall’assolato sud al freddo Wyoming, e dall’esterno all’interno, creando una commistione di generi stilistici a metà tra i film da camera e gli whodunit di Agatha Christie e “La cosa” di John Carpenter. Per non parlare dell’inevitabile carneficina finale, che insieme ai dialoghi brillanti che elevano il film al genere tarantiniano.
Grand Budapest Hotel (2014)
Wes Anderson è indubbiamente conosciuto per il suo stile inconfondibile, fatto di impeccabili geometrie, colori pastello e carrellate da una stanza all’altra. Ma in Grand Budapest Hotel, Anderson combina il suo stile caratteristico con una storia importante, ispirata alle opere di Stefan Zweig, riuscendo a riservare uno sguardo empatico e serio, senza mai sacrificare la leggerezza e la bellezza.
Boyhood (2014)
Un film durato una vita. Letteralmente, per il cast e lo staff di Boyhood, che segue lo sviluppo del bambino Joe fino all’età matura e adulta. Con lui, anche il padre e la madre, il loro divorzio e il loro matrimonio con altre persone. Il sempre realistico e quotidiano sguardo di Linklater riflette qui sui momenti meno convenzionalmente memorabili della vita, ma, appunto per questo, universali.
Her – Lei (2013)
Un futuro tecnologico non troppo lontano dal nostro, incorniciato da toni tenui e colori pastello, in cui le persone sono sole, così sole che hanno la tecnologia stessa a far loro da compagnia. Questa è l’idea di Her, che sviluppa una storia d’amore tra una intelligenza artificiale, doppiata da Scarlett Johansson, e un impiegato che crede di aver trovato in Lei la donna dei sogni. E in effetti è proprio così, perché Lei non è reale. Her è forse il film più maturo e realistico di Spike Jonze, che rinuncia a fantasie “magiche” per approdare ad altrettante fantasie giustificate da un mondo reale.
Mademoiselle (2016)
Mademoiselle o The Handmaiden (l’ancella) è stato presentato in concorso al Festival di Cannes 2016. Park Chan-wook di cui si ricorda la trilogia della vendetta Mr. Vendetta (2002), Old Boy (2003) e Lady Vendetta(2005), dirige con uno stile austero e geometrico un thriller in cui la tensione emotiva ed erotica si possono tagliare con il coltello. Colpi di scena a non finire, cambi di prospettiva, ribaltamenti tragici si susseguono per più di 2 ore e mezza in un film girato con una classe e con un gusto estetico molto raffinato che rappresenta l’apice, almeno dal punto di vista formale, di tutto il suo cinema e, di riflesso, della sua poetica.
Get Out (2017)
Conosciuto come autore comico, soprattutto per gli sketch satirici di Key&Peele, Jordan Peele fa il suo esordio nel genere horror con il sorprendenteGet Out. Confined horror dalle forti implicazioni sociali e razziali, Get Out gode di una sceneggiatura ingegnata come un meccanismo a orologeria, che non dimentica neanche un solo dettaglio e che per questi motivi si è meritata l’Oscar.
Cold War (2018)
Il desiderio irraggiungibile fa molto male, e la scia cicatrici indelebili. Cold War è un film sui dolori di un amore impossibile, gonfia il nostro cuore e lo spezza, proprio come il ricordo doloroso di un amante che si è allontanato dalla nostra vita, o un bacio intensamente bramato che non è mai esistito. Paweł Pawlikowski firma un gioiello unico che non aggiunge nulla a quanto visto finora ma che ti prosciuga l’anima fino a consumarla.
Arrival (2016)
Non è facile combinare una storia di fantascienza, un genere di solito collegato all’azione e al dinamismo, a una storia intima di lutto, soprattutto se i due generi sono retti dall’insolito argomento della linguistica. Eppure, Denis Villeneuve ci riesce. Le parti più belle di Arrival consistono sicuramente nell’interazione, per una volta, finalmente, non ostile, tra alieni e umani.
Dunkirk (2017)
Nolan affronta la Seconda Guerra Mondiale partendo da un evento tanto conosciuto quanto breve, e ne smonta completamente l’ordine temporale, creando tre piani narrativi che, snodandosi separatamente, piano piano si intrecciano. Con l’uso dei piani sequenza, Nolan riesce a rendere la sensazione di sfinimento della guerra, nonostante le poche ore in cui si consuma il fatto.
Carnage (2011)
Caustico, crudele, sulfureo. Adattando la piece teatrale Il Dio del massacro di Yazmina Reza, Polanskicrea con Carnage un ritratto inesorabile che non salva nessuno. Ogni personaggio è un rappresentante fragile e sclerotico di una middle-class basata sulla violenza reciproca e interna. Gli unici che si salvano sembrano essere i bambini, che esternano le pulsioni violente, invece di venirne divorati.
Un affare di famiglia (2018)
Era dai tempi di Ozu che un regista giapponese non esplorava in modo così delicato le dinamiche famigliari. Al contrario di Ozu però, Kore’eda pone sempre i suoi personaggi in una situazione fuori dall’ordinario. E l’idea brillante di Un affare di famiglia è proprio questa.Kore’eda ci nasconde, per più di metà del film, quale sia questa situazione straordinario. Quello che gli importa è proprio di affermare la famiglia del titolo in quanto famiglia.
Melancholia (2011)
Scritto in pochi giorni di nerissima depressione, Melancholia è uno studio visionario della stessa, vista come malattia dell’anima ma anche come occasione di risveglio da una vita falsa. Dividendosi nei punti di vista opposti delle due sorelle, Von Trier mostra i due lati della medaglia, per poi relegarli a insignificanti, quando il pianeta Melancholia minaccia di distruggere la Terra.
Hugo Cabret (2011)
Sentitissimo atto d’amore ai primissimi anni del cinema, Hugo Cabretporta la storia di George Meliès nella forma di una storia di bambini, magica e fantastica, rendendo così piena giustizia a uno dei primi sperimentatori della materia cinematografica.
Tre manifesti a Ebbing, Missouri (2017)
L’umorismo nero di Martin McDonagh aveva già conquistato il pubblico con la commedia nera In Bruges, ma con Tre manifesti, McDonagh fa il salto di qualità, portando sugli schermi una storia che esalta la realtà attraverso la sua inequivocabile drammaticità. Infatti, Tre manifestia Ebbing Missouri non vuole essere un film realistico, ma anzi trasforma le figure di questa città, non a caso inventata, in macchiette da deridere, a partire dal poliziotto, interpretato in modo irresistibile da Sam Rockwell, che per questo ruolo si aggiudicò l’Oscar per miglior attore non protagonista.
Amour (2012)
Con toni freddi e macchina fissa, Micheal Haneke affronta in modo inedito il tema millenario del labile confine tra amore e morte. In questo caso infatti, la morte è un profondo e dolorosissimo atto d’amore, per quanto tragico e per molti inaccettabile. Amour è un’opera difficile da guardare e soprattutto da riguardare, per il grande impatto che provoca sullo spettatore.
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