Energia, interpretazioni gradevoli, battute demenziali e senza compromessi danno il via a How to Have Sex, il lungometraggio d’esordio della regista britannica Molly Manning Walker, già vincitrice della sezione Un certain Regard al Festival di Cannes 2023, che apre Alice nella città alla Festa del Cinema di Roma, per poi arrivare in sala nel 2024 con Teodora e successivamente in streaming su Mubi.
La storia ruota attorno a tre adolescenti festaiole che si dirigono verso una località costiera soleggiata per diverse notti di ubriachezza, arrapamento e divertimento senza controllo. La vacanza presentata qui assomiglia a Spring Breakers di Harmony Korine: superficialmente simile nel suo caos sociale e nelle sue immagini fluorescenti, ma più ingenuo e con un cuore molto più fragile.
How to have sex, la trama
Tara, o Taz, e le sue compagne Skye (Lara Peake) ed Em (Enva Lewis) si presentano e prendono una stanza con vista sulla piscina in uno degli hotel del resort lungo la strada principale di Malia: di notte pulsante di sgargianti ubriacature al neon e di giorno deserto, come la location di una sparatoria in un western.
In una mattina di orrenda sbornia sul balcone, Tara si accorge che un giovane uomo sul balcone accanto la sta guardando.
È l’imbranato Badger (Shaun Thomas), lì con i suoi amici; percepisce la solitudine di lei e la sua disperazione di fare sesso. Ma naturalmente Tara vuole che questo avvenga con il candidato giusto: è un momento per il quale, a differenza degli esami di maturità, non ci sono ripetizioni.
Il povero Badger vuole naturalmente tirarsi indietro, ma in un milione di modi diversi si mette in zona amicizia con Tara, e parte della loro complessa chimica è che entrambi forse vogliono più amicizia.
È Paddy (Samuel Bottomley), il compagno di Badger più sexy, cafone e insensibile, a portare Tara sulla spiaggia una sera e nel frattempo c’è un legame tra Em e una ragazza gay nel bagno dei ragazzi: Paige (Laura Ambler).
Man mano che la situazione con Paddy progredisce, tra il baccanale di feste in piscina e serate in discoteca, l’esatta natura dell’evento che ne deriva viene lasciata in dubbio e il titolo stesso assume un significato multiplo. Skye chiede a Tara, con una celata invidia, com’è andata.
Il film mostra che la fase post-coito nella mente di Tara è forse composta da una negoziazione interiore: deve dimenticare e andare avanti? È un film interessante perchè per niente sentimentale, senza i cliché del coming-of-age, da cui i tre protagonisti escono più forti e più felici di prima.
L’interpretazione di McKenna-Bruce
Il film offre un’interpretazione intrigantemente dolce, complessa e persino misteriosa di Mia McKenna-Bruce nel ruolo della più timida del trio: Tara, il cui volto costantemente in primo piano mostra umori sottilmente mutevoli.
Per lei la ricerca del sesso ha un significato maggiore che per le altre. Non ha ancora avuto esperienze. La stessa Manning Walker gestisce con freddezza lo stato d’animo del film, andando alla deriva verso la crisi e ritirandosi da essa.
In quella che dovrebbe essere un’interpretazione da star, la McKenna-Bruce rende evidente il dolore e il disordine interiore di Tara: colorati da confusi sentimenti secondari: il sollievo di averlo finalmente fatto, la sensazione crescente che probabilmente non avrebbe dovuto essere fatto in quel modo, la paura incancrenita che forse è semplicemente così.
Queste ondate di consapevolezza attraversano il suo viso morbido mentre tenta ancora una volta di raccogliere i suoi sentimenti disordinati, metterli da parte e andare avanti con la festa.
How to Have Sex resiste a gran parte dell’ovvio confronto e della catarsi che ci si aspetterebbe in film di questo tipo, scambiando invece gli impulsi contrastati e le micro-reazioni della vita reale, ed è ancora più devastante per questo.
How to have sex, le parole della regista
Molly Manning Walker per la pellicola si è ispirata ai ricordi di una vacanza, fatta da adolescente con gli amici, e ha sviluppato un tema toccato anche nel suo corto Good Thanks, You? su come una donna vittima di un abuso possa vivere un nuovo trauma nel rapportarsi alle autorità.
“Quella del film è una storia molto personale ma mi sono accorta che ha una valenza universale – spiega in conferenza stampa -. Il tema del consenso è ampissimo e difficile da trattare, non si ferma tutto al semplice concetto di sì o no. C’è una generale mancanza di gentilezza e empatia, necessari per capire ciò che l’altra persona sente, comprendere quanto al di là di quello che sembrava un si, la persona stia vivendo un profondo malessere.
La regista ha lavorato con gruppi di ragazzi in fase di scrittura: “Abbiamo dato parti di sceneggiatura da leggere a dei ragazzi e per noi è stato straziante ascoltare alcune considerazioni. La scena è un’aggressione sessuale perché è chiaro che la ragazza è a disagio anche se in spiaggia ha detto sì. Il punto è che ci dovrebbe essere comprensione se qualcuno è a disagio anche se ha dato il suo consenso.”
“Se noi stiamo conversando e tu improvvisamente stai zitta, non parli più io capisco che qualcosa non va, lo stesso deve valere per il sesso. Con questo film non volevo giudicare nessuno ma aiutare chi lo vede a identificarsi e trovare la sua risposta”.