Hit Man è il nuovo film di Richard Linklater, presentato fuori concorso al festival di Venezia. Il protagonista Glen Powell è anche sceneggiatore assieme al regista stesso. La storia è tratta da un fatto di cronaca successo veramente nel 2001 e finito da allora sui giornali. La produzione incessante dell’autore statunitense, con oltre venti titoli realizzati, lo rende uno degli artisti indipendenti più produttivi in circolazione. Il nuovo lavoro verrà distribuito in Italia tramite la casa di distribuzione italiana BIM, ancora senza una data ufficiale.
Trama di Hit Man
Gary Johnson è un professore di storia e filosofia, esperto anche di tecnologia sofisticata. Nel tempo libero e come secondo lavoro, collabora con la polizia distrettuale di New Orleans. Il suo compito è quello di fingersi un serial killer, con l’obiettivo di incastrare potenziali commitenti, che usufruiscono del suo servizio, in quanto preoccupati di sbarazzarsi dei propri nemici. Alla prova tangente del denaro sborsato dai papabili clienti, l’informazione viene subito riportata alla polizia, la quale interviene prematuramente per salvare una vita. Il suo alter ego diventa celebre nell’ambiente e nello stesso istante salgono i successi investigativi. Un giorno incontra una ragazza, che lo contatta per eliminare il fidanzato violento. Tra i due nasce una storia d’amore, senza però rivelare la misteriosa identità, andando per questo incontro ad una serie di problemi.
Recensione di Hit Man
Richard Linklater è un nome abbastanza rinomato nel circuito indipendente americano. Nonostante ciò, nella lunga carriera trentennale, ha collaborato con numerosi attori di grandissimo successo ed è stato premiato in diversi festival internazionali, tra cui risulta vincitore di un Golden Globe per Boyhood, uno dei suoi trionfi maggiori. A distanza di un anno da Apollo 10 e mezzo, torna quindi in sala con un nuovo lavoro.
Linklater realizza un buonissimo prodotto commerciale, perfetto per un pubblico ampio. Lo stile adottato è pienamente nelle sue corde ed è possibile riconoscere nell’opera tutta una serie di caratteristiche che oramai sono parte della sua filmografia. Per questo motivo si conferma un’autore dalla forte impronta artistica, in grado di farsi riconoscere immediatamente nell’immane mercato cinematografico.
Richard Linklater è un regista capace di prendere in mano le storie più differenti e di marcarle con un proprio segno, lasciando perciò un suo marchio da bolla in ogni produzione che dirige. Questa sua versatilità la possiamo ritrovare all’interno del repertorio, si passa infatti dalle commedie romantiche a quelle più drammatiche, senza dimenticarsi dell’aspetto comico che da sempre lo contraddistingue. Ha affrontato tutti i generi più popolari e non ha mai mancato di imprimere sè stesso.
Il seguente film si presenta come una commedia divertente e apparentemente leggera. Il cinema di Linklater è abbastanza onesto e sincero. Il capolavoro massimo che di solito è prerogativa di tanti altri colleghi dell’industria, nei lavori del regista statunitense non lo troviamo mai, ma si comprende come questa non sia neppure una prospettiva da lui cercata. A questo giro siamo di fronte a un qualcosa che si rivela essere abbastanza digeribile per una grossa fetta di pubblico, a dimostrazione di come abbia spesso cercato di entrare in confidenza con lo spettatore, nonostante mantenesse le sue peculiarità.
Il segreto del cinema di Linklater
Il segreto del suo cinema è quello di adoperare un linguaggio semplice e diretto, capace di poter parlare a tutti. Per questo motivo utilizza spesso un tipo di ironia, che si sposa perfettamente con la classica commedia americana. Guardando i film di Linklater, si respira sempre quest’atmosfera tipicamente made in USA, ma dal gusto più raffinato e con dei temi più vicini alle correnti di matrice europea, rispetto a quelle statunitensi. Riesce quindi ad unire due estremismi cinematografici, l’apparente banalità d’oltreoceano con una più misurata cultura nostrana. Il risultato, come avviene nel suo ultimo processo creativo, è una commedia intelligente, lontana da quella volgarità popolare tipica United States, che però come evidenziato, ne rimanda alla memoria, e la unisce con una visione più equilibrata e gustabile, al punto da poter colpire anche lo spettatore meno abbiente al genere.
Il film funziona bene e sviscera soprattutto la tematica dell’identità, da lui stesso anche confermato, durante un’intervista. Attraverso il protagonista è possibile interrogarsi infatti sui diversi lati caratteriali che accomunano ogni persona sulla terra e che rendono tale soggetto camaleontico, ovvero con la capacità di mutare il proprio atteggiamento a seconda dei contesti. Un tema già abbastanza sfruttato dalla cinematografia, ma che Linklater rimaneggia in una maniera più o meno fresca e originale, grazie a una storia che scorre piacevolmente e che si lascia guardare senza troppo impegno.
In conclusione
Una pellicola leggera e tranquilla, capace di poter comunicare a un’ampia gamma di persone. L’ecletticismo del regista è connotato da uno stile ironico ben congeniato, che diverte in più momenti della storia e che cattura l’attenzione. Un’opera modesta e comprensibile, che non vuole raggiungere la luna e ne è al corrente. Un’onesta intellettuale da apprezzare e che rende pienamente riuscito l’intento di Linklater. Simpatiche le interpretazioni e una regia che accompagna diligentemente la narrazione. Siamo davanti a un tipo di cinema vicino a quello che può essere definito autoriale ma allo stesso tempo estremamente efficace e che si avvale della satira per evidenziare la stravaganza degli esseri umani, la quale il massimo ideatore non dimentica mai di rappresentare.