Mario Martone con Fuori ha portato in concorso al Festival di Cannes Goliarda Sapienza. La scrittrice sta conoscendo una meritatissima fama postuma per la sua vita e per le sue opere. In questo biopic sui generis il regista napoletano mette in scena un determinato periodo della vita di Sapienza, traendo ispirazione dal romanzo L’università di Rebibbia. Curiosamente, a interpretare il ruolo della scrittrice c’è Valeria Golino, regista a sua volta della serie L’arte della gioia, tratta dal romanzo omonimo di Sapienza. La sceneggiatura è firmata dalla coppia Martone-Ippolita Di Majo alla sesta co-sceneggiatura (compreso il recente Nostalgia). Anche il montaggio è a cura di uno storico collaboratore del regista, Jacopo Quadri, recentemente vincitore del David di Donatello per Berlinguer – la grande ambizione.
Fuori – trama e cast
Nel 1980 l’autrice Goliarda Sapienza (Valeria Golino) viene arrestata a Roma e condotta nel carcere di Rebibbia. In un gioco di continui salti temporali vediamo la scrittrice ora nella sua vita da detenuta ora nei mesi successivi. Perché l’esperienza di Rebibbia segna un cambiamento importante nella vita di Goliarda. Soprattutto perché incontra Roberta (Matilda De Angelis) legata agli ambienti della lotta armata e criminale abituale. Alle due donne si unisce anche Barbara (Elodie) che al contrario di Roberta che sembra vivere quasi con agio la dimensione carceraria ne resta molto colpita. Goliarda e Roberta si incontrano più volte anche una volta fuori dal carcere e a loro si unisce, in modo più sporadico, la stessa Barbara.
Goliarda intanto tenta di guadagnarsi da vivere dopo essere stata estromessa dal mondo dei circoli culturali che frequentava prima dell’arresto. Al suo fianco resta comunque il marito Angelo Pellegrino (Corrado Fortuna) che prova a convincerla a continuare a proporre il suo romanzo. Ma è con le altre donne che Goliarda vive davvero le sue avventure una volta fuori dal carcere. In un rapporto fatto anche di tensioni e tenerezze, soprattutto con Roberta.
Fuori – la recensione
Fuori non è classificabile come un vero e proprio film biografico. Principalmente perché Martone e Di Majo nella sceneggiatura decidono di fare un lavoro differente da quello che i canoni del biopic richiederebbero. Fuggono così alle tentazioni documentaristiche e si concentrano su tutte le terminazioni che una storia come quella di Goliarda Sapienza può rappresentare. Non che questo lo renda un film naïf o inaccessibile, tutt’altro. Quest’opera diventa luogo di una riflessione, di più riflessioni. Un film vitale sulla vita, sul desiderio, che non finisce per chiudersi su sé stesso ma dà sfogo a una luminosità, una grazia senza tempo. Martone riesce a non poeticizzare il carcere sebbene sia il luogo che segna una svolta nella vita della protagonista. È un film fatto di spazi, di conseguenza anche di luci. Nell’opposizione temporale, spaziale e luminosa tra il dentro rappresentato appunto dalla vita da carcerata e tutto quello che si trova all’esterno.
Forse solo un regista come Martone avrebbe potuto dare luogo a una storia raccontata con queste modalità. Questo perché è il nostro cineasta più prossimo a quel mondo del cinema francese anni ’60 e ’70 che per comodità chiamiamo Nouvelle Vague. Non che tenti di riprenderne le movenze quanto piuttosto nella estrema libertà artistica che diventa a sua volta tema centrale del film. Se si può parlare di grazia il merito va condiviso tra chi lo ha scritto e chi lo ha interpretato. Golino, De Angelis ed Elodie rendono giustizia ai loro personaggi, con una nota particolare per Valeria Golino. Protagonista principale del film che allo stesso tempo si sottrae quasi allo spazio dell’immagine. Ci lascia così alla storia che la vede allo stesso tempo interprete che osservatrice.
Martone – la storia che si fa materia viva
Nel 1992 Martone realizza il suo primo lungometraggio: Morte di un matematico napoletano. Si tratta di un film sugli ultimi giorni del docente universitario Renato Caccioppoli. Nel 1995 porta al cinema, primo in assoluto, un romanzo di Elena Ferrante, L’amore molesto. Nel 2004 è il turno di un romanzo di Goffredo Parise L’odore del sangue. Tra il 2010 e il 2014 realizza poi Noi credevamo e Il giovane favoloso, film sulla vita di Leopardi. Nel 2018 è la volta di Capri-Revolution ambientato sulla bellissima isola alla vigilia della Prima guerra mondiale. Si confronta poi con De Filippo: prima portando in scena Il sindaco del Rione Sanità e poi con Qui Rido io. Quest’ultimo è un biopic sulla figura di Eduardo Scarpetta il capostipite della più celebre famiglia della commedia italiana. Prima di Fuori c’è stato il già citato Nostalgia, adattamento di un romanzo di Ermanno Rea.
La carriera di Martone si è dunque finora dipanata lungo un filo tra grandi autori e autrici, soprattutto napoletani e la storia. Attraverso i suoi personaggi la storia, intesa come atto collettivo, assume una dimensione viva, reale. L’approdo a Goliarda Sapienza in questo senso sembra una naturale prosecuzione di un percorso artistico, di un discorso non solo filmografico. Una dimensione che ancora di più si è fatta presente nella collaborazione con Ippolita Di Majo. I film di Martone possiedono un rigore storico che però nulla sottrae agli aspetti cinematografici.
Fuori – in conclusione
Proprio come gli autori letterari si studiano a scuola nella loro interezza per le correlazioni tra le opere, così dovrebbe essere per il cinema. Per conoscere un regista bisogna avere un quadro di insieme relativo alla sua filmografia. Martone, dunque, non approda per caso a Goliarda Sapienza. Fuori è la prosecuzione di un’idea di cinema. Un film sulla libertà, sul desiderio, l’amore e l’idea di affrancarsi dalle costrizioni, in breve. È la stessa libertà che prende corpo e anima in Capri-Revolution, in forme diverse è la stessa di Noi credevamo. È una storia che merita di essere vista, per essere apprezzata, per essere conosciuta, una storia da grandi fasti del cinema italiano.