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France – Dumont e la satira-mélo sulla comunicazione francese

France (2021) è un’ammaliante ed insidiosa crasi di ironia, umorismo, melodramma, voyeurismo e satira concentrati nel ritratto di una donna, di una nazione, del popolo di una nazione e dell’epoca che il popolo di questa nazione sta attraversando, condotto con tenacia in parte sovversiva in parte main-stream da Bruno Dumont.

Amato, odiato, non capito, scivoloso, ostico, sfocato, France, presentato in concorso per la Palma d’oro al 74. Festival di Cannes, cattura, disturba e spiazza: la sua protagonista è umana e disumana al contempo, specchio contraddittorio delle pulsioni mentali ed emotive di questo contemporaneo e del gioco di riflessi e auto condizionamenti della comunicazione video.

France 1

L’impero delle immagini, il dogma di un pubblico-nazione manicheo

L’impero dell’immagine, i suoi limiti, le sue contraddizioni, la realtà e la finzione narrative prive ormai di valore netto e di confini, il destino alleato e traditore al contempo, la comunicazione mediatica come circo d’azzardo che sforna in successione amorale ed iperbolica allarmi e pietismi, in una giostra in cui anche la più giusta delle cause esce in qualche modo sconfitta.

Il trionfo-tonfo l’amor proprio più forte che l’amore per l’altro, di qualunque altro si tratti, crisma scontato di ogni star televisiva di successo e di ogni cliché che lo sciovinismo francese sembra raccontare.

France 2

France – Trama

Seguiamo France de Meurs (Lea Seydoux), giornalista televisiva amatissima e seguitissima, nella conduzione della sua trasmissione giornaliera in cui modera con scaltra disinvoltura dibattiti politici su temi sensibili, mostra coraggiosi reportage montati al millimetro in cui lei stessa intervista guerriglieri e migranti nelle zone più pericolose della terra, racconta storie difficili, sensazionali, ai confini del terribile umano pur di creare quella notizia e quella narrazione della notizia che possano inchiodare il pubblico allo schermo.

France 3

France cerca, si sforza, vuole essere la novità, quel che prima non c’era. Il mondo parigino è ai suoi piedi: è costantemente riconosciuta in strada, le chiedono foto ed autografi, persino il presidente della Francia, Macron, attende le sue domande in conferenza e la donna domina la sua fortuna con nonchalance, sicurezza, risate e collaboratori campioni di cinismo.

La giornalista di successo, l’impero dell’immagine e la strategia comunicativa

A casa l’attende un marito scrittore, perennemente nella sua ombra ed un figlio piccolo distante, che non mostra amore nei suoi confronti. Nel tram tram della sua vorticosa routine, tra un servizio fotografico ed una diretta, France investe un giovane rider, ferendolo in modo non grave.

Quest’episodio scatena nella donna una crisi di coscienza, qualcosa si incrina profondamente, una depressione, un vuoto di senso, un’infelicità esposta, la tartassano ogni giorno, la fanno piangere ad ogni piè sospinto.

France 4

France decide di lasciare la televisione, si prende un periodo di pausa, crede di trovare un nuovo amore che può rimetterla in carreggiata, ma si tratta solo un collega approfittatore ed il suo cuore torna a lacerarsi.

Poco dopo un ottimo ritorno sul quel piccolo schermo che aveva deciso di abbandonare, un passo falso la fa piombare nell’odio del pubblico e il più grave lutto familiare immaginabile si abbatte su di lei. La donna attraversa la sua sorte con un’enigmatica rassegnazione, come se il dolore fosse una croce da cui risulti impossibile e non conveniente per lei separarsi a questo punto della vita.

France 5

France – Recensione

Il mondo ha bisogno di un eroe e di un capro espiatorio, di un nemico da abbattere e di un amico da ammirare; se poi le due cose coincidono il mondo è anche più contento. France è la dimostrazione, se ce ne fosse oggi bisogno, della manipolabilità della realtà, specie quella mediatica, per cui non esiste più una verità, ma una direzione cui si sceglie di credere.

Si sale precipitevolissimamente, si discende nella stessa modalità, è una roulette russa: se capita il proiettile, oltre alla reputazione salta anche la testa.

Lo schermo è mera rappresentazione, si buca a senso unico

France è dentro il sistema, un incidente, un sorriso, un grazie detto da chi non avrebbe dovuto dare nulla, la astraggono dal distacco con cui aveva cavalcato la sua fortuna fino a quel momento, le impongono di pensare e lei sente tutto quello che per anni non ha sentito.

La sofferenza delle persone, l’amore distratto concesso al marito, quello non corrisposto dal figlio, le ingiustizie concrete che non sono solo titoli di giornale o sequenze di talk-show tra una pubblicità e l’altra.

France 6

Equivalenza tra emotività della protagonista ed emotività di uno stato

L’emotività sovrastante ed ingovernabile di France, appare come quella di un’intero Stato, che sempre se ha dovuto esprimere dissenso, lo ha fatto in modo radicale e rumoroso, schivando il compromesso e l’accondiscendenza e facendo scuola nel mondo.

Ma la vita prosaica vuole la remissione in forma dei cocci e France è un’animale da palchi: che se ne fa delle sue lacrime? Come le impiega, perché un fine esse devono pur avere. E ritorna ad apparire, torna alla rappresentazione di se stessa, con un cuore che per un secondo credeva di aver ripreso ossigeno, ma era l’ennesima messa in scena.

Una satira melodrammatica, voyeuristica e senza redenzione

Eppure il destino ribelle si accanisce a riprendersi le proprie tessere, a smascherare la finta normalità, l’equilibrio mai ritrovato, il sorriso che non comprende più ogni cosa. E le strappa la credibilità che non aveva senso ricostruire, le trucida gli affetti che non erano più suoi, se mai lo erano stati.

France 7

France entra nel turbine del proprio dramma, diventa maschera sopra le righe di un’autobiografia che le sfugge di mano, organizza quella nuova ondata di lacrime come parte di un piano per ristabilire un minimo di autenticità in mezzo a questo disorientamento drogato da se stessa, dall’opinione altrui, da una compassione che fa capolino quando non dovrebbe, eppure serve anche a chi è in vetta, affinchè resti tale.

Così stonano e ghiacciano il suo pianto raccolto davanti alle tombe dei suoi cari, il suo volto scavato con occhi tondi e gonfi mentre esibisce una sofferenza davanti alla telecamera che non si sa se sia propria o della storia che sta per andare a sviscerare con calcolata compassionevole crudeltà. Ma entrambe le ipotesi sono efficaci.

France 8

Mentre la sua immagine sale e scende in una montagna russa di glorificazioni e shitstorm social, le parole di un’agente-collaboratrice che scavano il baratro di dispercezione con la realtà, trasformando ogni inciampo, grave o non grave, nella prossima mossa da giocare, trasformano France in un’icona ibrida, del bene e del male, più grande di sé, eroina avvelenata ed avvelenante del suo tempo e del suo pubblico-nazione.

France è una donna emotivamente non rieducabile

La verità è un gioco di ruolo, così come lo stare al mondo, che ognuno ha già scritto nel proprio dna: France ha una ferocia stolida e non rieducabile che la agita, la porta comunque al di sopra di sé, le fa percepire quale valanga di interessi pubblici, economici, politici, civili, sociali, sono in ballo e quanto ne abbia bisogno per motivi personali, non collettivi.

France 9

Questa menzogna del suo fare la devasta eppure non se ne allontana. Perché anche questa contemporaneità fatta di presidenti-pietre piacionici, di anime appese ad un filo, di vite distrutte e misconosciute in un secondo di video, occhi di bue puntati sulle persone e sui movimenti sbagliati, sono anche loro ingranaggi barbari dell’umano.

Spettacolarizzazione del dolore, manipolazione della narrazione

Tempi dilatati, rallenty, sequenze insistite di primi piani, spettacolarizzazione della criticità o del dolore, innanzitutto del dolore della protagonista, sono i crismi di Dumont, che esegue una regia incollata alla sua protagonista, unta da un diavolo in declino, effige che lotta per ritrovare la propria luce o far sprofondare tutti con sè.

France 10

Fotografie a contrasto, interni perfettamente consonanti con il sentimento interiore di chi li abita, case museo scure, studi televisivi di vetro, panorami paradisiaci un attimo prima dell’inferno, del tradimento, della morte.

A ciò si aggiungono volti deformati da lacrime attese e poi attese davanti ad inquadratura fissa, tutto racconta una bugia profonda, da cui si dipende, che prima o poi si sconterà.

Persino l’amore diventa una scelta di seconda mano, una resa all’insistenza, forse di un cuore puro, forse di un folle che vuole uscire dal gioco, ma bisogna volerne uscire, bisogna poterlo riconoscere. 

France 11

France – Cast

Lea Seydoux compie la sua impresa titanica e sfiancante, aggraziata anche nei comportamenti più canaglia, elegante anche nelle rughe accentuate dalla disperazione esibita, magnetica mentre manipola l’altrui parola.

France è oggetto spurio e fascinoso, che destabilizza ed inquieta, offrendo panorami umani dell’oggi desolanti e verissimi, un baratro di umanità neanche percepito, anzi intimamente cercato, forse come inconscia espiazione al male che, limitati, difettosi e dipendenti come stiamo al mondo, siamo programmati a compiere.

France – Trailer

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Ascesa, caduta e risalita nella vorticosa vita di France de Meurs, star televisiva del giornalismo, cinica, accentratrice e sensazionalistica, che prova a cambiare vita, ma viene tradita nuovamente, perde ogni affetto reale e torna alla fabbrica delle notizie e alla guida delle emozioni, dietro lo schermo della verità manipolabile. Satira di un modello di vita, di pensiero e di nazione che bluffa sulle criticità, spettacolarizza il dolore, perde di vista l'autentico e il prioritario. Poderoso, melodrammatico, voyeuristico, grezzo, sfocato, il ritratto di una star e di una nazione, artefici e vittime di un sistema dannoso, allarmista, scandalistico e pietoso.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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