HomeCult MovieEraserhead, il lungometraggio d’esordio del maestro David Lynch

Eraserhead, il lungometraggio d’esordio del maestro David Lynch

Una surreale pellicola al limite dell’indecifrabile, che ha di fatto anticipato tutte le caratteristiche stilistiche della filmografia del regista statunitense

David Lynch è probabilmente uno degli autori più criptici e divisivi di tutto il panorama cinematografico mondiale. Ed è stato proprio questo stile così impenetrabile a renderlo iconico agli occhi di critica e pubblico. Ma come per ogni cosa, c’è sempre un inizio, un punto zero da cui partire per poi sviluppare la propria strada. Eraserhead, film del 1977, ma le cui riprese sono iniziate circa 5 anni prima, è proprio questo: un inizio. Si tratta infatti del primo lungometraggio di David Lynch, che poco meno che trentenne realizza un film visionario ed enigmatico.

Occorre anche ricordare la genesi travagliata di Eraserhead (il cui nome in inglese corrisponde alla “testa di gomma” delle matite). Lynch tra il 1971 e 1972 riuscì a ottenere circa 10.000 dollari di sovvenzione dall’AFI (American Film Institute) e parte così con la produzione del suo primo lungometraggio. Ma già dopo un anno finisce il budget e le riprese sono costrette a interrompersi. Addirittura, durante gli anni di produzione del film, Lynch perde la casa ed è costretto a dormire sul set del film, tanto che in un’intervista futura rivelerà che Eraserhead rappresenta in parte le sue ansie e paure nel vivere e studiare a Philadelphia.

Eraserhead, la sequenza iniziale

Spiegare la trama di Eraserhead è un compito assai arduo, un po’ come accade in tutti i film di David Lynch, ma in questo caso le difficoltà sono doppie, rappresentate anche dal fatto che lo stesso regista si è sempre rifiutato di fornire la sua interpretazione dell’opera, definendola “il suo film più spirituale”.

È quindi opportuno partire dall’inizio, con una sequenza onirica che mette subito sul tavolo tutte le carte che Lynch terrà in mano per oltre 40 anni di carriera.

Il film si apre infatti col volto del protagonista in sovraimpressione che fluttua sopra a quello che sembra essere un pianeta (lo spazio è un qualcosa che affascina Lynch già dagli esordi, e come abbiamo visto col suo ultimo lavoro, il revival di Twin Peaks, ne è interessato tutt’oggi). Poi un avvicinamento verso un luogo oscuro, una sorta di cavità che nasconde qualcosa: un uomo dalla pelle rovinata e deforme che tira delle leve, forse una metafora del destino, forse uno dei tanti simbolismi inaccessibili a cui Lynch ci ha abituati nel corso della sua carriera. Infine, è come se il protagonista venisse inviato sul pianeta assieme a una sorta di larva aliena.

Eraserhead

La trama

Inizia così la storia di Henry (Jack Nance), tipografo in ferie che torna nel suo appartamento situato in una zona decadente e desolata, come se un generico disastro avesse distrutto tutto ciò che c’è intorno. Qua una donna misteriosa, vicina di stanza (Judith Roberts), informa Henry che la sua ragazza Mary (Charlotte Stewart) lo ha chiamato. Quando allora il nostro protagonista visita la casa della fidanzata, iniziano gli strani avvenimenti: conosce tutta la famiglia di Mary, composta da una madre con delle strane crisi nervose, un padre logorroico e sempre sorridente, una nonna dallo sguardo fisso nel vuoto.

Il disagio di Henry cresce sempre di più fino a quando la madre di Mary non lo prende da parte e gli chiede se abbia avuto rapporti sessuali con sua figlia, per poi confessargli che la ragazza ha avuto un figlio e i due dovranno sposarsi al più presto.

Ciò che Henry non sospetta è che il figlio non è umano, bensì un essere deforme e gravemente malato.

Eraserhead

Eraserhead, un simbolismo da interpretare

Per tutta la durata di Eraserhead si ha l’impressione di essere davanti a una tutta una serie di metafore da interpretare. Questa è una delle caratteristiche principali dei film di Lynch, sempre criptici, ma con una chiave di lettura ben precisa, che se individuata facilita e non di poco il compito dello spettatore. Per quanto riguarda Eraserhead però, tale chiave appare quasi impossibile da trovare.

Volendo lanciarci in un’interpretazione possiamo immaginare il figlio di Henry e Mary come un mostro nato da un rapporto al di fuori del matrimonio e per questo deforme. Una critica a un certo tipo di concezione che vede le gravidanze extraconiugali come “sbagliate” e quindi demoniache. Ma allo stesso tempo è forse anche una metafora delle ansie dello stesso Lynch nei confronti della paternità, a cui non si sente pronto specialmente pensando al mondo che lo circonda, così disgregato e decadente. Le difficoltà dell’essere genitori sono rappresentate dall’inquietudine di Henry e Mary che non riescono a dormire per il pianto disperato e angosciante del piccolo, impossibilitato a muoversi, quasi imbalsamato e posizionato sul tavolo della squallida stanza di un residence. Un bambino che non è un bambino, ma bensì un parassita che si riproduce e si prende tutto ciò che lo circonda.

Allo stesso tempo troviamo una rappresentazione del sesso come anti-erotico, impersonificato dalla conturbante vicina con cui Henry finisce per avere un rapporto sessuale. La donna è tutto il contrario di Mary ed è l’espressione di una voglia di evasione del protagonista che cede alla tentazione carnale. La coppia, durante l’atto, sprofonda sempre di più in una sorta di liquido melmoso, e questo rende tutta la sequenza scevra di una qualsivoglia carica erotica. Anzi, è come se il sesso fosse la causa della disfatta del protagonista e del suo, seppur bizzarro, nucleo familiare.

Eraserhead, la regia

Parlando della regia, se uno spettatore navigato vedesse Eraserhead senza conoscerne l’autore, molto probabilmente giurerebbe che si tratti proprio di David Lynch. Le inquadrature geometriche e che forniscono spesso angolazioni inedite sono un suo marchio di fabbrica, con totali presi dagli angoli della stanza che mostrano più punti d’interesse sullo schermo. Oltre a questo, la scelta del bianco e nero (probabilmente dettata dalle scarse risorse a disposizione) risulta azzeccata e si discosta dai toni blu dei film successivi, o da quelli caldi di Twin Peaks. Segno indelebile della capacità di Lynch di risultare credibile anche con stili fotografici molto diversi tra di loro.

Il montaggio e gli effetti speciali artigianali rimandano a una sperimentazione da sempre cara al regista, e mai così genuina come in questa pellicola (anche a causa di un budget risicatissimo, per cui la creatività e il pragmatismo diventano fondamentali per la riuscita finale del film).

Da citare infine il comparto sonoro per cui i rumori, sempre disturbanti, accompagnano tutto il film, indipendentemente dal fatto che una scena sia ambientata in interni o in esterni. Suoni che ricordano quelli della fabbrica, un po’ come quella che viene mostrata in una delle sequenze oniriche finali in cui la testa di Herny diviene praticamente la “testa di gomma” di una matita.

David Lynch prima di diventare David Lynch

In Eraserhead troviamo tutte le caratteristiche che hanno reso celebre il regista di capolavori quali Inland Empire e Strade perdute. Tra queste vi è sicuramente la fascinazione verso personaggi deformi (che già, come per la riflessione sulla genitorialità, trovavamo in uno dei suoi cortometraggi precedenti, The Grandmother). La donna dal viso deformato che appare in sogno a Herny è un qualcosa che rimanda al nano di Twin Peaks o al successivo Elephant Man, ma anche a tutto un immaginario lynchiano che perdura fino ad oggi.

E proprio parlando del sogno, possiamo osservare come l’inconscio interessi a Lynch fin dai suoi esordi, prima ancora della sua più grande opera in materia quale è Mullholland Drive. L’inaccessibilità di una parte della coscienza umana diviene quindi un’ossessione per il regista, e buona parte delle scene più criptiche della sua filmografia sono proprio da ricondursi a tale interesse.

Allo stesso tempo le scenografie minimali e surreali, quasi teatrali, sono un qualcosa che avremmo rivisto molto presto nelle opere di Lynch. Ad esempio, la lobby del residence in cui vive Henry ricorda molto, per geometrie e forme, la famosa Loggia Nera di Twin Peaks, luogo iconico della serie.

Insomma, a posteriori si potrebbe anche dire che Eraserhead ha una funzione mostrativa relativamente a tutto quello che avremmo rivisto nelle opere di Lynch negli anni a venire.

Eraserhead

Conclusioni

Eraserhead è un film complesso, pieno di frame e scene memorabili (ad esempio la disturbante sequenza del taglio del pollo da cui esce sangue) e capace di sintetizzare tutto quello che David Lynch sarà da lì in poi. Un film che inizialmente sembrava impossibile da distribuire, ma che con l’inserimento nel circuito degli spettacoli notturni ha ottenuto una fama tale da renderlo un cult per gli amanti del cineasta statunitense. Addirittura non mancano estimatori d’eccezione come Stanley Kubrick che era solito proiettare la pellicola sul set di Shining per aumentare l’inquietudine dei suoi attori.

Un’opera onirica e simbolica, realizzata quasi a budget zero, per cui Lynch ha rischiato tutto pur non piegandosi a compromessi, e grazie alla quale ha avviato una florida carriera da regista negli anni successivi.

Non solo quindi la complessa opera prima di un grande regista, ma anche un inno al non mollare mai, e al credere sempre nelle proprie idee, specialmente se si stiamo parlando di una materia artistica. Se David Lynch quarant’anni fa non ci avesse creduto abbastanza, probabilmente oggi non conosceremmo uno dei più grandi maestri della storia del cinema.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazione
Emozioni

SOMMARIO

Eraserhead è un film tanto difficile da interpretare quanto importante per tutto quelle caratteristiche che hanno reso grande Lynch negli anni successivi. Un’opera ipnotica e criptica, quasi inaccessibile, tanto da risultare una sfida anche per i critici cinematografici più accaniti.
Redazione
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