Tra le ultime novità del palinsesto Netflix, Diamanti Grezzi (Uncut Gems in originale) è un film dall’argomento insolito che vanta un Adam Sandler in splendida forma e un ritmo vorticoso che riesce a coinvolgere lo spettatore.
L’oggetto del titolo è un’opale raro e prezioso, arrivato in modo losco nelle mani del gioielliere ebreo newyorchese Howard Ratner (Adam Sandler), che vive la sua vita destreggiandosi tra creditori, scommesse e banchi dei pegni. Quando Howard riceve l’opale ha una cieca fiducia nel suo valore e cerca di piazzarlo a un prezzo altissimo. Ma il giocatore di basket Kevin Garnett (interpretato da se stesso) è altrettanto ossessionato dalla pietra e tra lui e Howard inizia un gioco a rimpiattino per avere la rara gemma.
Diretto dai fratelli Josh e Benny Safdie, l’idea del film è stata coltivata fin dal 2009, dopo il film Daddy Longlegs, inedito in Italia. La realizzazione del film è però scalata di progetto in progetto, tra cui i più recenti Haeven knows what e Good time, con Robert Pattinson. In questi anni i registi hanno continuato però a coltivare l’idea e soprattutto ad approfondire il mondo raccontato per una sceneggiatura più realistica possibile. E la sfida è stata vinta. Infatti, assieme all’interpretazione di Sandler, la sceneggiatura tartassante è forse il tratto più distintivo di Diamanti grezzi.
Prima di tutto per i dialoghi che non lasciano un attimo di respiro, con quasi tutte le scene riempite da un gruppo di persone e di voci che si sovrappongono. Ma anche il livello di tecnicismi dei diversi ambienti, ovvero quello delle scommesse, quello del banco dei pegni e quello sportivo, è altissimo e dimostra un intenso lavoro di ricerca e di volontà di realismo, data anche dall’uso di due celebrità reali, Kevin Garnett appunto, e il musicista The Weeknd.
Sono principalmente la sceneggiatura e la coreografia degli attori a dare ritmo e caoticità alla messinscena. Infatti, è di solito associato a questo stile di dialogo un analogo stile di regia, con una macchina molto mobile e apparentemente grezza che sfrutta rapidi zoom per non perdersi niente dell’azione, simile a quello usato da Adam McKay ne La grande scommessa . Invece qui la macchina da presa è sorprendentemente stabile ed elegante, e non cerca di dare immediatezza con l’uso della macchina a spalla o degli zoom ma intende disorientare lo spettatore tramite gli strettissimi primi piani che seguono inesorabilmente il protagonista.
I dialoghi martellanti e la dinamicità delle scene ipnotizzano e disorientano lo spettatore, esattamente come la pietra ipnotizza chi la fissa. Infatti, la pietra sembra avere anche un certo potere mistico: viene estratta da ebrei neri dell’Etiopia e Howard dice a Kevin che è così antica che sembra racchiudere tutta la storia dell’universo. Inquadrata la pietra, inizia quindi un rapido montaggio della “storia dell’universo” dalla prospettiva del cestista afroamericano. Le due componenti etniche principali del film sono appunto gli ebrei e gli afroamericani. La pietra sembra rappresentare quasi una sorta di Dio in comune ai due popoli. Howard e Kevin sono infatti irresistibilmente attratti dalla pietra misteriosa e osservano per lei una fiducia quasi mistica. Fiducia che viene allo stesso confermata e ribaltata nel finale, come se la pietra avesse preso la sua decisione su chi sia il popolo da lei eletto.
Sfugge forse un po’ l’intento del film, ma è indubbio che, nonostante alcuni cedimenti, i registi abbiano dato prova di una visione molto personale di cinema e di essere degli abili narratori.
A reggere Diamanti grezzi è sicuramente Adam Sandler, che ruba la scena e che riconferma di poter essere un grande attore drammatico. Altre opere in cui ha dimostrato il suo valore sono stati Ubriaco d’amore (Punch-Drunk Love) di Paul Thomas Anderson e più recentemente The Meyerowitz Stories di Noah Baumbach.
Voto Autore: [usr 3,0]