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Denti da squalo: la recensione dell’esordio di Davide Gentile

Denti da squalo è il debutto di Davide Gentile, già autore del premiato cortometraggio Food for Thought (2016). Uscito nelle sale italiane l’8 giugno 2023 e distribuito da Lucky Red il film è prodotto da Gabriele Mainetti, regista di Lo chiamavano Jeeg Robot (2015) e del più recente Freaks Out (2021).

Scritto a quattro mani da Valerio Cilio e Gianluca Leoncini, Denti da squalo vede nel cast, oltre che la prima partecipazione di Tiziano Menichelli nel ruolo di attore protagonista, anche Claudio Santamaria, Edoardo Pesce e Virginia Raffaele.

Denti da squalo (2023)

Denti da squalo, la trama

Walter (Tiziano Menichelli) è un tredicenne che ha da poco perso il padre Antonio (Claudio Santamaria), uomo dal passato malavitoso, morto per un incidente sul lavoro, nell’intento di salvare un collega. Il bambino trascorre le sue giornate vagando sul litorale romano finché un giorno non capita davanti a una villa misteriosa con una piscina dove vi nuota uno squalo.

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Walter, affascinato dall’animale, decide di tornarci i giorni seguenti. Incontrerà Carlo (Stefano Rosci), un ragazzo che ricoprirà per il piccolo orfano il ruolo di “mentore” nell’introdurlo al mondo criminale della zona.

Denti da squalo

Denti da squalo, la recensione

Denti da Squalo, film d’esordio di Davide Gentile, nell’odierno panorama del cinema italiano, purtroppo risulta essere facilmente dimenticabile, anche se contiene degli spunti interessanti.

In una struttura narrativa tipica del romanzo di formazione, spicca tra tutti il giovanissimo Tiziano Menichelli alla sua prima prova nei panni di Walter. Da ragazzino ingenuo quale si presenta arriverà a dover compiere una scelta matura: dovrà decidere se seguire la strada della malavita guadagnandosi la fama di “squalo” o se scegliere il bene, decisione quest’ultima che al padre ha riservato un triste epilogo.

Il coming of age affronta in larga parte l’affiliazione di Walter all’ambiente del crimine giovanile, sullo sfondo di un paesaggio notturno e metropolitano, nell’intento di mostrare come il protagonista si tenga aggrappato a ciò che gli resta del padre.

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Denti da squalo

Il Corsaro: un villain debole

Atmosfere cupe della vita di strada, dialoghi sofferti tra madre e figlio, la messa in scena dello squalo in acqua non sono abbastanza affinché lo spettatore si coinvolga a pieno nella narrazione e ne apprezzi lo sviluppo dei personaggi.

Esprimono incertezza infatti le figure di Claudio Santamaria e di Edoardo Pesce, rispettivamente gli interpreti del padre di Walter e del Corsaro. Quest’ultimo, il vero villain della storia, interpretato da Pesce (presente anche in Dogman di Matteo Garrone sempre nella veste di delinquente locale) avrebbe potuto occupare un ruolo più ampio nella narrazione invece che fungere da semplice mediatore tra Walter e il passato criminale di suo padre.

Uno “squalo” che sta per uscire di scena, nostalgico dei tempi andati, quelli del vero potere, così è presentato Il Corsaro. Avrebbe insomma potuto, nutrendosi di quell’immaginario piratesco suggerito dal suo nome, intervenire in modo più massiccio nella maturazione del giovane protagonista.

Denti da squalo

Il padre: un’assenza poco presente

Anche il personaggio del padre, sebbene Santamaria convinca nel ruolo, risulta essere poco efficace. Apprezzata la scelta di inserirlo per qualche minuto nel film e con un espediente narrativo degno delle migliori fiabe, si sarebbe potuto farlo rivivere con maggiore presenza nelle azioni del figlio e nelle sue scelte, che invece sembrano essere dovute più all’esperienza vissuta con Carlo o all’incontro con lo squalo.

Sarebbe stato interessante conoscere maggiormente il personaggio di Antonio tramite qualche flashback del figlio, o dai racconti della madre o ancor meglio, proprio dalle parole e dai ricordi del Corsaro.

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Denti da squalo

Infatti, anche il rapporto d’amicizia tra Il Corsaro e il padre Antonio avrebbe potuto giocare un peso diverso all’interno di un film che intende raccontare la formazione di un bambino che ha appena perso una figura di riferimento.

L’amicizia tra i due malviventi avrebbe meritato più spazio in quanto avrebbe suscitato interessanti riflessioni sulla ricerca dell’identità personale, sulla scelta tra bene e male e infine sul significato dei rapporti umani nati dentro le organizzazioni criminali.

Convince di più Virginia Raffaele nel ruolo di madre: l’attrice, nota più per il suo background da comica, ne esce credibile nel mettere in scena la difficoltà di offrire al figlio risposte utili ad affrontare il lutto e il timore che quest’ultimo la abbandoni per inseguire una strada sbagliata, così come ha fatto il marito.

Denti da squalo

Lo squalo come simbolo

La novità che il regista esordiente mette in campo, in uno sfondo tematico già noto nell’orizzonte cinematografico, riguarda la scelta dell’animale-simbolo: lo squalo è qui strettamente legato al tema del lutto e a quello della paura.

E sono proprio i primi incontri con il pescecane a essere messi in scena da Gentile in modo molto efficace soprattutto dal punto di vista estetico-visivo, tanto che lo spettatore comprende subito che il rapporto tra Walter e lo squalo sarà fondante per l’evoluzione del giovane protagonista.

Uno squalo che non fa paura ha smesso di essere uno squalo dirà Il Corsaro al piccolo Walter centrando il senso dell’allegoria: l’animale rappresenta la propensione al male, data la sua natura da predatore, di chi “deve” far paura per potersi guadagnare il rispetto.

Ma lo squalo della villa, ormai domato dall’uomo e costretto a nuotare in una piscina, non fa più paura, proprio come il padre di Walter, un uomo che ha abbandonato la malavita per redimersi grazie all’amore della sua famiglia.

Liberarsi dalla paura

L’incontro con lo squalo è quindi per Walter cruciale per la sua maturazione poiché il giovane orfano si domanderà se voler diventare uno “squalo” scegliendo la strada della violenza o se accettare il triste destino del padre, morto per una buona azione, ma almeno da uomo libero.

Il giovane protagonista deciderà infine, con l’aiuto della madre, di liberare lo squalo da quella “prigione” umana per ricongiungerlo con il mare.

Scena quest’ultima che si può interpretare come il coraggioso affronto della paura e la conseguente emancipazione dal dolore di una perdita: finalmente Walter guarda in faccia la realtà, non nascondendosi più dietro al silenzio.

Denti da squalo, conclusioni

Denti da squalo è un inizio interessante e a tratti originale per come mette in scena il tema del lutto. L’aspetto insolito sta nella scelta del personaggio-simbolo dello squalo, rappresentativo della paura e dello status di eroe al quale Walter ingenuamente aspira. Il rapporto con l’animale-predatore è infatti proficuo al protagonista nel fare i conti con il passato del padre.

Nella prima parte del film, dopo il primo incontro con lo squalo, il tredicenne subisce il fascino del mondo criminale perché quell’ambiente gli sembra la sola via possibile per recuperare l’eredità paterna. Nell’ultima parte invece ritroviamo un Walter finalmente pacificato con la redenzione del padre, da sempre considerata dal figlio la causa della sua morte. Tale riconciliazione coincide con la liberazione dell’animale in mare.

Poco riuscite invece le rappresentazioni dei personaggi del Corsaro e del padre che avrebbero potuto occupare un ruolo maggiore nella crescita del piccolo protagonista.

Trailer

PANORAMICA RECENSIONE

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

Denti da squalo è il primo film di Davide Gentile, protagonista il tredicenne Walter che ha appena perso il padre. Nella cornice di un romanzo di formazione il giovane orfano deve fare i conti con il passato malavitoso del padre: tra la criminalità del litorale romano e l'incontro con uno squalo ritroverà sé stesso. Un film drammatico con buone potenzialità ma che lascia a desiderare nella scrittura dei personaggi secondari che avrebbero potuto offrire più intensità alla messa in scena.
Silvia Lopes
Silvia Lopes
La mia più grande passione è il cinema, fonte di vita e di crescita continua. Mi piace il cinema d’autore e quello di genere, amo i thriller ma non mi dispiacciono i film storici o drammatici. I miei grandi nomi sono Tarantino, Scorsese, Allen, Spielberg.

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