E se per garantire la sicurezza delle donne si imponesse il coprifuoco agli uomini? È una domanda che forse molte donne si sono fatte, magari mentre tornavano a casa da sole in una strada buia, con le chiavi strette in mano. Una domanda provocatoria, ma anche reale. La serie tv Curfew, crime distopico in sei episodi made in UK e disponibile su Paramount+, prova a dipingere un mondo in cui gli uomini non possono uscire dalle 19 alle 7.
Curfew – La Trama
In un futuro fin troppo simile al presente, in una Gran Bretagna alternativa e riconoscibile, la società è in mano alle donne. Dopo un’ondata crescente di aggressioni e violenza di genere, lo stato ha deciso di imporre un coprifuoco agli uomini: nessun uomo può lasciare la propria abitazione dalle 19 alle 7. A partire dai 10 anni, inoltre, tutti gli uomini indossano un braccialetto elettronico che ne monitora gli spostamenti. Chi viola il coprifuoco viene immediatamente individuato e punito.
Questo nuovo assetto sociale sembra aver prodotto una società più sicura per le donne, finalmente libere di uscire da sole la sera. Ma questa apparente tranquillità si incrina quando una donna viene uccisa in piena notte. La vittima è Helen Jones (Alexandra Burke), fervente sostenitrice del coprifuoco e figura pubblica molto amata. A essere accusata è la sua migliore amica, Sarah Jackson (Mandip Gill). I primi indizi sembrano inequivocabili, ma non tutti sono convinti.
A indagare sul caso è la detective Pamela Green (Sarah Parish), una donna forte e disillusa, segnata dalla perdita della figlia avvenuta prima dell’introduzione del coprifuoco. Accanto a lei, il giovane collega Eddie (Mitchell Robinson), uno dei pochi uomini autorizzati a muoversi liberamente. I due iniziano a sospettare che dietro l’omicidio non ci sia una donna, bensì un uomo. Ma questa possibilità incrina le fondamenta stesse del sistema: se un uomo ha potuto uccidere, vuol dire che il coprifuoco non funziona. Oppure, che è stato aggirato.
Curfew – La Recensione
Pur presentandosi come una distopia, Curfew maschera molto bene la sua ambientazione futura. Il mondo che ci mostra non è fatto di tecnologie avveniristiche o città distrutte, ma di un’ordinaria quotidianità dove le regole sono cambiate. L’elemento disturbante non è il futuro, ma il fatto che assomigli pericolosamente al nostro presente. Le tematiche sollevate – sicurezza, libertà, controllo, genere – sono attualissime. Tuttavia, la serie fatica ad approfondirle in modo efficace. Il mondo distopico resta abbozzato, tratteggiato solo per sommi capi.
Molte domande restano senza risposta: perché alcuni uomini (come medici e poliziotti) possono uscire con la cavigliera disattivata? Perché anche gli uomini omosessuali o i non binari sono sottoposti alle stesse restrizioni, se la logica è quella del pericolo verso le donne? La spiegazione si riduce a un generico “perché sono biologicamente uomini”, ma non basta. Inoltre, viene da chiedersi: il coprifuoco protegge davvero? E di giorno, quando uomini e donne convivono negli stessi spazi, le donne sono automaticamente al sicuro? Chi tutela le donne che vivono con un partner violento all’interno delle mura domestiche?
L’universo narrativo di Curfew sembra poggiare su un’idea forte, ma senza lo sviluppo necessario. A differenza di altri mondi distopici ben costruiti – come quello di The Handmaid’s Tale o di saghe come The Hunger Games – qui le regole sono applicate senza coerenza e senza una vera struttura sociale di supporto. Il risultato è un’ambientazione poco credibile, che solleva interrogativi interessanti ma li lascia per strada.
Curfew – Il cast
Il cast contribuisce a sostenere la serie, con interpretazioni solide. Sarah Parish è convincente nel ruolo della detective Pamela Green: una donna determinata, pragmatica, che ha imparato a diffidare delle soluzioni semplici a problemi complessi. Il suo passato personale le conferisce una profondità che manca ad altri personaggi.
Alexandra Burke interpreta Helen Jones, la vittima dell’omicidio, un’insegnante rispettata che si batte per i diritti delle donne, ma conduce una doppia vita notturna fatta di segreti. Mandip Gill dà volto a Sarah Jackson, la migliore amica di Helen, madre single con un ex marito in carcere per aver violato il coprifuoco. Lavora nel centro di attivazione dei braccialetti elettronici e vive un rapporto difficile con la figlia adolescente, Cass, che rifiuta il sistema e lo contesta apertamente.
In questo contesto entra anche una nuova famiglia: Ben (Adam Korson) e Sian (Amy Louise Pemberton), appena trasferiti con due figli maschi. Ben diventa l’amante di Sarah, mentre Sian si trasforma presto nella sua più accanita accusatrice. Ma anche questa coppia nasconde una realtà familiare ben più complicata di quanto voglia mostrare.
Un futuro dispotico credibile?
Il punto debole di Curfew è proprio la costruzione del suo mondo distopico. L’idea è potente, ma resta in superficie. L’ambientazione è troppo simile alla realtà per essere credibile come distopia, ma troppo estrema per funzionare come realismo. I ruoli sociali sono definiti solo a grandi linee, e mancano quelle sfumature che rendono un universo narrativo coerente e avvincente.
A differenza di altri racconti distopici, qui non c’è una reale esplorazione del potere, delle sue derive, delle reazioni collettive. Nessun movimento di resistenza, nessuna riflessione politica profonda. Solo un’indagine che cerca di tenere insieme tutto, ma finisce per perdere pezzi per strada.
Conclusioni
Curfew parte da una domanda provocatoria e da una premessa interessante, ma non riesce a svilupparle fino in fondo. Il giallo centrale tiene viva l’attenzione per qualche episodio, ma i tentativi di depistaggio si fanno presto ripetitivi. Il potenziale c’era – e tanto – ma la serie sembra accontentarsi di restare in superficie, senza il coraggio di approfondire davvero le implicazioni etiche e sociali della sua distopia. In definitiva, un’occasione mancata. La realtà, forse, resta ancora la distopia più spaventosa.