Tutti conoscono gli anni Ottanta, anche chi non li ha vissuti in prima persona. L’indimenticabile decennio che iniziò con l’attore Ronald Regan alla Casa Bianca e terminò con la caduta del muro di Berlino, ha forgiato la memoria collettiva di una generazione intera e ha cambiato attraverso il cinema, la musica e l’arte in generale, i costumi di tutto il mondo. Negli ultimi anni il cinema mainstream ha prodotto diverse pellicole ispirate agli anni Ottanta e sul grande schermo è riapparso uno dei generi cinematografici più celebri di quel periodo: i mitici film d’avventura per ragazzi rimasti nei cuori degli adolescenti dell’epoca. Netflix qualche anno fa aveva prodotto Stranger Things che s’ispirava a quel genere e che rievocava mode e atmosfere di quel decennio. Ora ha compiuto una nuova e riuscitissima operazione nostalgia acquisendo i diritti di Cobra Kai la serie tv che sbarcata sulla piattaforma (dopo essere stata in streaming su You Tube) ha avuto nel giro di pochi mesi un enorme successo.
Cobra Kai intende rendere omaggio alla celebre saga The Karate Kid. Il primo film, uscito nelle sale nel lontano 1984, appassionò milioni di ragazzini. Il protagonista era l’adolescente di origine messicane Daniel La Russo (Ralph Macchio) che trasferitosi dal New Jersey in una cittadina della California se l’era dovuta vedere con un gruppo di bulli fanatici di arti marziali. Tra tutti, quello che gli aveva dato filo da torcere era stato il biondissimo Johnny Lawrence (William Zabka), l’allievo modello del dojo Cobra Kai. La Russo, grazie al maestro orientale Miyagi, aveva imparato i segreti del karate e aveva sconfitto il nemico durante un importante torneo.
Ambientato trentaquattro anni dopo la prima pellicola della saga, Cobra Kai, sequel piuttosto inconsueto, ci illumina sul presente dei protagonisti. Che fine hanno fatto Johnny Lawrence e Daniel La Russo? Per il primo il tempo sembra essersi fermato a quel famoso torneo di karate durante il quale il rivale l’aveva clamorosamente sconfitto. Dopo quell’incontro la vita di Lawrence era stata tutta in salita. Un matrimonio fallito, un figlio che lo detesta e qualche lavoretto saltuario per potersi mantenere. Oggi invece La Russo è un uomo di successo. Possiede concessionarie di macchine di lusso, la sua faccia è sui cartelloni di tutta la città. Ha una splendida famiglia e vive in una villa magnifica. Casualmente i due dopo anni s’incontrano. La rivalità solo sopita diventa più forte di un tempo. Lawrence apre un dojo: il Cobra Kai. La Russo fa del tutto per ostacolarlo, violando anche quei principi morali che Miyagi gli aveva insegnato. Che fine ha fatto allora quel ragazzo timido e mingherlino così virtuoso e integerrimo che avevamo visto nel film? Siamo sicuri di sapere come sono andate veramente le cose? E se noi conoscessimo la storia di Karate Kid solo dal punto di vista di La Russo?
Il grande pregio di una serie televisiva come Cobra Kai è quella di allontanarsi dallo stereotipo del buono e del cattivo. Se nel film degli anni Ottanta tutto sembrava facilmente etichettabile, in Cobra Kai, figlio dei nostri tempi, il bene e il male sono attraversati da infinite sfumature. Johnny Lawrence, all’epoca ci appariva come il perfetto bullo, in realtà a guardarlo oggi non è poi così cattivo. Ha solo avuto la sfortuna di crescere in una famiglia difficile e ha trovato nelle arti marziali un modo per esprimere il proprio disagio. Un cattivo maestro come John Kreese (Martin Kove) ha fatto poi il resto. Il tempo per Lawrence sembra essersi fermato al 1984. Indossa le magliette dei Metallica e non sa cos’è la wi-fi. Ora però è giunto il tempo del riscatto. Con il suo nuovo dojo diventa il maestro di una massa di sfigati che attraverso i suoi insegnamenti, magari moralmente discutibili, troveranno però il coraggio di affrontare le loro insicurezze. Cobra Kai, come il titolo suggerisce, ha il coraggio di mettere al centro delle vicende un antieroe, un perdente, uno che soccombe continuamente ma che per qualche strana ragione suscita sempre più simpatia. Johnny Lawrence non nasconde le proprie debolezze, le proprie fragilità. E’ uno che sbaglia, che arranca ma che è consapevole dei propri errori e che trova sempre la forza di rimettersi in piedi.
Che ne è invece dell’eroe buono? Di quel Daniel La Russo che mettendo e togliendo la cera sulla carrozzeria aveva appreso la nobile arte del karate? Lui è uno che, al contrario del suo nemico, non conosce il dubbio, l’esitazione. E’ convinto di essere ancora il buono della situazione. Non riesce a comprendere l’invidia e la sete di vendetta che prova per Lawrence. A causa di quest’incapacità di conoscere i propri limiti, la rivalità con Lawrence aumenterà sempre di più, si estenderà alle rispettive famiglie, agli allievi dei doji fino all’inevitabile drammatico epilogo. Non bisogna credere troppo in noi stessi, sembra suggerirci Cobra Kai perché questo può essere dannatamente pericoloso. E’ un messaggio importante quello di questa serie tv che sceglie di affrontare dinamiche narrative molto complesse.
Dopo le prime due stagioni che hanno riscosso un grande e inaspettato successo si aspetta la terza che dovrebbe andare in onda il mese di gennaio del 2021 su Netflix. Ritroveremo tutti gli attori delle stagioni precedenti e che avevano preso parte anche al primo film. Oltre ai protagonisti e al malvagio maestro John Kreese che aveva fatto il suo ingresso all’inizio della seconda stagione, ora si vocifera sul ritorno di Ali (Elisabeth Shue) l’ex fidanzatina di Lawrence, quella che la Russo gli aveva soffiato. Come andrà a finire?