Il “caso influencer” ha spopolato anche quest’anno. Venezia 80 si è dimostrata un’edizione attesa, voluta, aspettata con fremito. Eppure non sono mancate, come sempre del resto, le consuete polemiche.
C’è da dire che vi era un tempo, non troppo lontano, in cui l’accesso alle mostre del cinema era concesso esclusivamente agli addetti ai lavori. Da pochi anni a questa parte invece anche i cosiddetti “nuovi vip” possono partecipare a kermesse dal valore prettamente artistico.
Il caso influencer ha una data d’inizio ben precisa. Era L’anno scorso, la settantanovesima edizione della mostra, e Sophie Codegoni fu protagonista di una proposta di matrimonio ricevuta niente di meno che sul red carpet del Lido.
Da quel momento in poi sembra come se le coscienze avessero trovato una conversione comune verso questa tematica. Nessuno dei nuovi vip è passato inosservato.
Venezia 80 ha rinsaldato questa partecipazione con ospiti del calibro di Adriana Lima (non serve spiegare chi sia), Alessia Lanza (tik toker), Rovazzi (cantante), Ernia (rapper) e Valentina Cabassi (la ragazza di Ernia).
Con rispetto e benevolenza per tutti si può dire che stona effettivamente osservare la loro sfilata affianco a personaggi, non di miglior calibro, ma quanto meno di una provenienzia professionale meno impropria.
Abbiamo visto chiaramente Adam Driver. Non abbiamo avuto l’onore di ospitare Michael Fassbender (a causa dello sciopero in corso). Questi fatti, unitamente a una processione esasperata ed esapserante di non addetti ai lavori ha portato il caso influencer a esplodere definitvamente.
Una chiosa pungente l’ha trovata Gué che si è riferito alle figure in questione coniando il termine “Influenienter“. Senza cedere a questi estremi, è interessante cercare di capire qual’è l’utilità di queste presenze e se il caso influencer sia solo una costruzione mediatica o se vale la pena protestare.
Caso influencer – Da che parte stare?
Il caso influencer innanzitutto pone davanti a un’evidenza inconfutabile. L’influencer come attore economico è quasi irrinunciabile. Non tanto a livello di contenuti, bensì di visibilità.
Investire in pubblicità marketing è uno dei fondamenti dell’economia moderna. Venezia 80 stessa ha dovuto cercare di far parlare di sé. Ecco che tirare in ballo chi non c’entra niente con il cinema può essere una soluzione.
Il cinema ha vissuto negli ultimi cinque anni un crollo notevole di introiti (oltre ad esperire uno stop prolungato e perforante). Bisogna dunque risalire la china e affidarsi a chi le nuove piattaforme le domina eccome. Da qui il caso influencer (che assume un’accezione negativa ma è una realtà quasi inevitabile).
Dall’altro lato fa di certo storcere il naso come grandi nomi non siano presenti per scioperi legati ai salari e poi si vedono sfilare individui pagati appositamente per essere presenti. Senza dare giudizi di valore, si può constatare che quanto meno gli occhi di chiunque tendono a sgranarsi a vedere tutto ciò.
Il cinema è di chi lo ama. Le mostre dovrebbero essere di chi fa cinema invece. Una vasta gamma di spettatori vuole necessariamente entrare in contatto con chi ha fatto innamorare per un’interpretazione, per un montaggio o un sonoro. Anche stizzirsi per una presenza (diciamo non propriamente mal gradita ma quanto meno fine a sé stessa) non è un comportamento da biasimare.
Il futuro del cinema è appeso anche a questo tipo di discorso che purtroppo (o per fortuna) troverà sempre una quadra e una soluzione di stampo prettamente economico. Il problema alla radice (caso influencer a parte) verrà risolto di pancia, non di ragione o sentimento.