Tratto dal racconto Non voltarti della scrittrice gotica Daphne du Maurier, A Venezia… un dicembre rosso shocking è ormai diventato un cult del genere horror.
Gli anni Settanta sono stati una decade molto fiorente per l’horror come lo conosciamo adesso. Dalle innovazione portate da Carpenter nel cinema americano, a soprattutto i due maestri del giallo all’italiana Dario Argento e Mario Bava, A Venezia… un dicembre rosso shocking si inserisce perfettamente in questo clima di sperimentazione. A Venezia … un dicembre rosso shocking, strana traduzione italiana per il più evocativo Don’t Look Now originale, a tratti sembra infatti citare il suo contemporaneo Argento, per via dell’ambientazione italiana e del plot twist finale. Ma è indubbio che mantenga una sua intrinseca originalità nell’esecuzione dell’opera. Notevoli infatti sono la conturbante fotografia di Anthony B. Richmond e soprattutto il montaggio analogico di Graeme Clifford, montatore storico di Robert Altman.
Infatti, le scene più pregnanti del film (l’inizio, la scena di sesso e la rivelazione finale) sono tutte caratterizzate da un martellante montaggio alternato che procede per associazioni . E quindi per esempio la lunga ed estenuante scena di sesso presenta una suggestiva alternanza tra momenti di nudità e momenti di vestizione. Nelle altre due, l’associazione è soprattutto visiva e segue una giustapposizione di forme e di colori, in particolare il rosso, che denota tutto il film. Dal rosso materico del sangue, al rosso tematico come colore della passione, al rosso del duplice cappotto, il colore detiene dunque una molteplicità di funzioni, da quella appunto simbolica, a quella narrativa fino a quella totemica. Infatti, la prima manifestazione di rosso che vediamo nel film è quella abbinata al lutto iniziale. Il colore diventa quindi per i due protagonisti e per noi spettatori un totem che ci riaggancia a quel primo trauma originale.
Il film infatti inizia con la piccola Christine che muore annegata in un laghetto, con indosso l’ormai iconico impermeabile rosso. I genitori, John e Laura (Donald Sutherland e Julie Christie), prendono quindi l’opportunità di lavoro di John, che è stato assunto a Venezia per restaurare la Chiesa di San Nicolò, per cercare di superare il lutto. Nella città veneta, Laura però conosce le due sorelle scozzesi Wendy (Clelia Matania) e Heather (Hilary Mason). Quest’ultima è cieca, ma desta l’attenzione di Laura quando le descrive una bambina con un impermeabile rosso seduta tra lei e il marito. La donna è infatti una medium, che non solo vede Christine, ma afferma che anche John è un sensitivo. John alla notizia rimane freddo e reputa sua moglie pazza e influenzabile. Intanto però, la città è scossa da misteriosi omicidi, che sembrano restringersi sempre di più attorno a John e alla sua famiglia.
A Venezia… un dicembre rosso shocking è un barocco tour de force di emozioni e di generi, che spazia dal thriller psicologico, al velato soprannaturale, all’horror con punte slasher. Tutto però attraversato da una vena solidamente sentimentale. Infatti, è sostanzialmente un film che riflette sul lutto. Il guardare del titolo originale può essere infatti inteso come accettazione. Accettazione del lutto, ma anche di sé stessi. Infatti i temi dello sguardo e della cecità hanno diverse manifestazioni nel film: la vecchia sorella cieca che è in realtà una medium; sua sorella che non è cieca ma la cui prima scena ha un ciglio che non riesce a togliere dal suo occhio; e poi ovviamente John, il protagonista, che ha lo stesso dono della cieca ma non ha la fede necessaria.
Questa sua mancanza di fiducia nella sua vista gli sarà fatale, come dimostra la piccola rivelazione finale della premonizione della moglie in barca. Premonizione che John non aveva interpretato correttamente e che lo porta poi al suo tragico destino. Quindi è John, in ultimo, il vero cieco della storia. Inoltre, il lutto viene elaborato dalla madre con una sorta di fede nell’ignoto, mentre dal padre con freddo realismo, come si vede spesso in una dicotomia nota tra fede femminile e ragionevolezza maschile. Opposizione per esempio che troviamo anche nel più recente Alabama Monroe, sempre a tema lutto infantile. Nel caso di A Venezia… un dicembre rosso shocking però, è interessante notare come sia la madre ad avere ragione. È infatti la mancanza di comunicazione, parallela alla mancata comunicazione tra John e la figlia morta, la ragione del tragico finale.
Per una storia così oscura e stratificata, Venezia si dimostra la città adatta: la bella fotografia e l’intelligente regia sanno usare al meglio i vicoletti senza sbocco e i canali bui, i ponti e gli angoli labirintici. Inoltre, l’ambientazione italiana dà anche luogo a qualche gustoso personaggio di contorno, come per esempio il direttore dell’hotel in fallimento e l’ispettore, interpretato da Renato Scarpa il quale, non parlando inglese, per il film imparò a memoria le battute senza capire il loro significato.
Piccolo dettaglio curioso: San Nicolò, il santo a cui è votata la chiesa che deve restaurare il protagonista, è il santo su cui è modellato Santa Claus, e quindi Babbo Natale. San Nicola è infatti considerato il protettore dei bambini.
Il regista Nicolas Roeg tre anni dopo diresse anche L’uomo che cadde sulla Terra, con David Bowie.